Chirurgia e protonterapia per i tumori della notocorda
PROTONI CONTRO I CORDOMI DELLA COLONNA VERTEBRALE
29 mar/21
I cordomi spinali sono neoplasie maligne della notocorda, con un’incidenza a livello globale di circa 5 nuovi casi su un milione di abitanti all’anno e più diffusi negli uomini rispetto alle donne. Sono localizzati prevalentemente al sacro, alla base del cranio e alla regione cervicale.
In generale sono tumori maligni a crescita lenta, localmente aggressivi, e queste caratteristiche in molti casi possono ritardarne la diagnosi, in quanto i sintomi risultano inizialmente piuttosto sfumati.
I cordomi spinali sono associati a tassi significativamente alti di recidive e possono talora dare metastasi. La sopravvivenza a 5 e 10 anni è stimata rispettivamente intorno al 55% e al 36%.
Le opzioni terapeutiche disponibili
Il trattamento di prima scelta per i cordomi della colonna è la resezione chirurgica radicale; tuttavia non sempre questa opzione terapeutica è possibile e può comportare complicanze e morbilità significative a causa della presenza nell’area interessata di strutture nervose sensibili e delicate.
La chemioterapia si è dimostrata poco efficace su questo tipo di tumori e anche la radioterapia convenzionale ha dato risultati insoddisfacenti, a causa delle dosi, necessariamente subottimali per evitare effetti avversi importanti a carico delle strutture sensibili adiacenti.
A differenza della radioterapia convenzionale, grazie alle peculiarità delle caratteristiche fisiche e biologiche, la protonterapia consente di irradiare il tumore con dosi ottimali, risparmiando il più possibile i tessuti sani circostanti e quindi, potenzialmente, limitando gli effetti avversi.
Per quanto motivo, l’impiego della protonterapia a scopo radicale o come terapia adiuvante dopo la resezione chirurgica, per limitare il rischio di recidiva, è stato oggetto di ricerca nell’ambito di diversi studi internazionali.
Protonterapia per trattare i cordomi della colonna: dati recenti
I cordomi della colonna vertebrale sono tumori rari, e per questo motivo la maggior parte degli studi ha preso in considerazione campioni numericamente limitati, che non hanno permesso di individuare eventuali fattori prognostici e determinare l’andamento della sopravvivenza [1].
Un gruppo di ricercatori statunitensi ha quindi condotto uno studio retrospettivo su un’ampia coorte di pazienti con cordoma spinale, identificati in base alla diagnosi all’interno del National Cancer Database, con l’obiettivo di indagare i fattori prognostici, i trattamenti utilizzati e gli outcome clinici.
Nel periodo compreso tra il 2004 e il 2016 sono stati identificati nel database 1.548 pazienti con diagnosi di cordoma spinale, in prevalenza uomini (944 pazienti, 61%). Dal punto di vista dell’età, la coorte più numerosa era quella con almeno 65 anni (750 pazienti, 48,4%).
Nella maggioranza dei casi il cordoma era localizzato al sacro o al coccige (942 casi, 61%), mentre quelli alla colonna vertebrale rappresentavano il 39% del totale (606 casi); in oltre l’80% dei casi non erano presenti metastasi (1.302 casi, 84%).
Più di 7 pazienti su 10 (1.117 casi, 72,2%) erano stati sottoposti a resezione chirurgica, radicale nel 35,5% dei casi (550 pazienti) e parziale nel 32,2% (499 pazienti). Oltre la metà dei pazienti non aveva ricevuto alcun trattamento radioterapico (855 casi, 55,2%); tra quelli trattati, 1 su 3 aveva ricevuto una radioterapia convenzionale (522 casi, 33,7%) mentre quelli che avevano ricevuto la protonterapia rappresentavano l’8,7% del campione (134 pazienti). Nel 19% dei casi, la dose somministrata era compresa tra 30 e 60 Gy. Solo 63 pazienti (4,1%) erano stati trattati con chemioterapia.
La durata media della sopravvivenza globale (overall survival, OS) è stata di 8,2 anni.
L’età più avanzata, le dimensioni maggiori del tumore e la presenza di metastasi sono risultati associati a un peggioramento della sopravvivenza.
Per quanto riguarda gli outcome dei diversi trattamenti, la resezione chirurgica parziale o radicale è risultata associata a un miglioramento significativo della OS, al contrario della chemioterapia e della radioterapia in generale.
Tuttavia, tra i pazienti sottoposti a terapia radiante, quelli che hanno ricevuto la protonterapia hanno avuto un miglioramento significativo in termini di OS rispetto a quelli trattati con radioterapia convenzionale: la stratificazione per tipologia di trattamento, infatti, ha indicato una OS a 5 anni del 84% per la protonterapia rispetto al 58,5% per la radioterapia tradizionale con fotoni.
All’analisi statistica, la radioterapia in generale non è risultata associata ad un miglioramento statisticamente significativo della OS, mentre la protonterapia ha mostrato un beneficio.
Sebbene la correlazione tra la dose somministrata e l’effetto sulla sopravvivenza non abbia raggiunto la significatività statistica, è stato osservato un trend importante in questo senso che richiede ulteriori approfondimenti.
Un recente studio retrospettivo condotto negli Stati Uniti ha valutato l’efficacia della protonterapia ad alte dosi come trattamento radicale dei cordomi della colonna vertebrale e del sacro coccige non sottoposti a resezione chirurgica [2].
Sono stati analizzati i dati di 67 pazienti con cordomi della colonna di nuova diagnosi, precedentemente non trattati, che hanno ricevuto un trattamento con protonterapia radicale ad alto dosaggio tra il 1975 e il 2019. I pazienti non erano stati sottoposti a resezione chirurgica perché il cordoma era stato giudicato dallo specialista inoperabile per estensione di malattia e er patologie concomitanti.
L’età media dei pazienti alla diagnosi era di 66,6 anni, e la popolazione era composta in maggioranza da uomini (53,7%).
Il tumore era localizzato nella maggioranza dei casi al sacro (52 pazienti); le altre sedi comprendevano la regione cervicale (10 pazienti), lombare (4 pazienti) e toracica (1 paziente). Il diametro massimo del tumore variava tra 1,8 cm e 25 cm, con un valore mediano di 7,4 cm.
Per quanto riguarda il trattamento, la dose totale mediana è stata 77,4 Gy(RBE) in frazioni giornaliere di 1,8 Gy (RBE). Il follow up mediano è 48,7 mesi.
La OS è risultata 88% e 69,3% a 5 e a 8 anni rispettivamente; per la sopravvivenza libera da malattia i rispettivi valori sono stati 58,3 % e 40,3%. Il tasso di controllo locale, a 5 anni è stato del 78% e a 8 anni del 62,9%.
L’analisi statistica ha permesso di indagare il rapporto tra controllo locale e dose totale ricevuta. A 5 anni, il controllo locale è risultato 76% per una dose compresa tra 73,8 e 77,42 Gy(RBE) e 84% per una dose compresa tra 78,0 e 85,9 Gy (RBE); a 8 anni i valori del controllo locale nei due intervalli di dosaggio erano 53,7% e 84 %.
Per quanto riguarda il controllo a distanza, a 8 anni era del 81,2% per i tumori con diametro di 7,4 cm, rispetto al 56,4% per quelli con diametro superiore; per le lesioni del sacro era del 56,5%, rispetto al 87,5% per quelle localizzate nelle altre sedi.
Per quanto riguarda la tossicità , l’effetto avverso tardivo più frequente è stata la frattura ossea.
Secondo gli autori, questi risultati supportano l’impiego della protonterapia radicale ad alte dosi per pazienti con cordoma della colonna vertebrale non resecabile. Inoltre, lo studio indica un trend verso un migliore controllo locale con dosi superiori a 78 Gy (RBE) e un’incidenza più elevata di malattia metastatica nel caso di tumori di grandi dimensioni e localizzati al sacro.
Reference
1. Patel S, Nunna RS, Nie J, et al. Incidence, management, and outcomes of adult spinal chordoma patients in the United States. Global Spine J. 2021 Feb 15:2192568221995155.
2. DeLaney TF, Liebsch NJ, Goldberg SI, et al. Definitive high-dose, proton-based radiation for unresected mobile spine and sacral chordomas. Int J Radiat Oncol Biol Phys. 2020;108(3):e5-e6