Una recente revisione critica della letteratura pubblicata sulla rivista “Frontiers in Oncology”
ADROTERAPIA E TUMORI EPITELIALI DEL TIMO
06 dic/21
I tumori epiteliali del timo costituiscono un gruppo eterogeneo di neoplasie che, per quanto rare, rappresentano la tipologia più frequente di tumore del mediastino anteriore. Possono comparire a qualunque età ma loro frequenza è maggiore al di sopra dei 50 anni senza distinzione tra i sessi.
Tra i sottotipi istologici i più diffusi sono il timoma e il carcinoma del timo.
Il timoma ha una incidenza stimata intorno a 1,3 nuovi casi per milione di persone l’anno. È un tumore a crescita lenta, che tende a non estendersi ai tessuti e agli organi circostanti se non in rari casi; in alcuni soggetti si presenta in associazione ad altre patologie ematologiche o a carico del sistema immunitario, tra queste ad esempio la miastenia gravis, l’aplasia eritrocitaria e l’ipogammaglobulinemia.
Il carcinoma del timo, invece, è un tumore a crescita rapida ed è caratterizzato in generale da una maggiore invasività. La sua incidenza è stimata in 3,2 nuovi casi per milione di persone l’anno.
Quando è indicata la radioterapia
Il trattamento di riferimento per le neoplasie epiteliali del timo, quando fattibile, è la chirurgia ma la radioterapia rappresenta un’opzione terapeutica importante nel setting adiuvante ed in quello radicale.
In particolare, in base alle raccomandazioni contenute nelle linee guida ESMO per i tumori epiteliali del timo [1], la radioterapia è indicata con intento adiuvante per il trattamento delle neoplasie localmente avanzate dopo la chirurgia, specialmente in caso di margini chirurgici positivi o di carcinoma del timo. L’impiego della radioterapia è raccomandato, inoltre, con intento radicale, nei pazienti con tumori non resecabili.
In caso di carcinoma del timo, poi, la radioterapia adiuvante è indicata anche con resezione completa, in quanto è stato osservato che il suo impiego migliora in modo significativo la sopravvivenza dei pazienti trattati.
Per quanto riguarda, invece, il timoma, la radioterapia non sembra portare benefici clinici per i tumori in stadio I dopo resezione completa e il suo impiego è oggetto di discussione per gli altri stadi di malattia.
Un aspetto critico della radioterapia nel trattamento dei tumori del timo è rappresentato dalla loro localizzazione in stretta prossimità di organi radiosensibili come il cuore ed i polmoni. Le tecniche radioterapiche di prima generazione rilasciavano dosi significative a questi organi critici, aumentando il rischio di danni indotti dalla terapia. Oggi, invece, le tecnologie più avanzate come la radioterapia ad intensità modulata (IMRT, intensity-modulated radiotherapy) consentono di risparmiare gli organi critici mantenendo un efficace controllo locale.
In situazioni particolari, però, per esempio in presenza di un coinvolgimento del pericardio o del miocardio, anche con tecniche più evolute il rischio di tossicità dose correlata a lungo termine può essere significativo.
Il ruolo dell’adroterapia
Le esperienze cliniche di impiego dell’adroterapia per il trattamento dei pazienti con tumori epiteliali del timo sono ancora limitate, in letteratura ad oggi sono riportati pochi casi trattati prevalentemente con protonterapia.
Il razionale dell’impiego dell’adroterapia risiede nelle proprietà fisiche e biologiche delle particelle, che consentono di rilasciare una dose significativamente più bassa rispetto alla radioterapia con fotoni ai tessuti e agli organi circostanti il bersaglio.
In base a queste considerazioni dosimetriche, quindi, è attesa una riduzione degli eventi avversi tardivi, soprattutto a livello cardiaco e polmonare. Sulla base di tale razionale, l’adroterapia di recente è stata presa in considerazione per il trattamento di pazienti con fattori di rischio cardiaci significativi o con coinvolgimento del tessuto cardiaco da parte della neoplasia.
Per tracciare un quadro chiaro delle evidenze disponibili e fornirne indicazioni per l’implementazione nella pratica clinica, un gruppo di ricercatori del CNAO e di altri centri in Italia e in Francia ha condotto una revisione critica della letteratura, recentemente pubblicata su “Frontiers in Oncology” [2].
Gli autori hanno riportato i risultati di dieci lavori, pubblicati tra il 2013 e il 2021, che rappresentano le principali esperienze cliniche con adroterapia per il trattamento dei tumori epiteliali del timo. La numerosità campionaria in tali studi varia tra 1 e 27 pazienti; i trattamenti erano stati effettuati tramite protoni e solo in un paziente era stata utilizzata la CIRT (carbon-ion radiotherapy).
In termini di profilo di tossicità, la protonterapia è risultata ben tollerata: in nessuno dei lavori analizzati, infatti, sono stati registrati effetti collaterali di grado uguale o superiore a 3.
Dall’analisi degli outcome clinici è emerso un buon esito in termini di controllo locale.
In particolare, in una coorte di 27 pazienti, affetti da timoma nell’ 85% dei casi, trattati con protonterapia nel setting adiuvante (63%), radicale (22%) o per malattia ricorrente (15%), il controllo locale a 2 anni è risultato del 100%. A 3 anni, il controllo locoregionale era del 96% e la sopravvivenza (overall survival, OS) del 94%.
In letteratura sono state riportate anche alcune esperienze cliniche sull’impiego della protonterapia in situazioni particolarmente complesse con malattia estesa e coinvolgimento del tessuto cardiaco in particolare: per il trattamento ad intento radicale di un tumore epiteliale del timo esteso al tessuto cardiaco, per l’irradiazione di noduli pericardici da tumore in stadio IVB e per il trattamento di una massa residua post-chirurgica [3-5].
Indicazioni per la pratica clinica
Sulla base delle evidenze cliniche disponibili, gli autori della revisione suggeriscono che la protonterapia possa essere proposta come trattamento per i tumori epiteliali del timo in pazienti selezionati, sia nel setting radicale sia in quello post-operatorio, in particolare nei casi in cui il rischio di cardiotossicità risulti più rilevante come nei casi di coinvolgimento del tessuto cardiaco , nei pazienti con patologia cardiovascolare in atto , di fattori di rischio cardiovascolari o malattie polmonari concomitanti .
Per definire meglio il volume bersaglio è suggerita l’esecuzione di indagini radiologiche ad alta risoluzione inclusa la PET con fluoro-desossiglucosio (FDG). Importante, per minimizzare l’incertezza di range delle particelle l’impiego di tecniche per il controllo respiratorio come la 4D-CT o, in alternativa la DIBH (deep-inspiration breath hold).
Le dosi di prescrizione per la protonterapia sono quelle indicate nelle linee guida ESMO per la radioterapia con fotoni: 45-50 Gy dopo resezione R0, 50-54 Gy dopo resezione R1 e 60 Gy dopo resezione R2 o nel setting radicale; il frazionamento suggerito è di 1,8-2 Gy per frazione.
Per quanto riguarda la CIRT, l’esperienza è ad oggi assai limitata e questa tecnica potrebbe essere presa in considerazione per i siti metastatici o nell’ambito di studi clinici.
Un’opzione promettente, da approfondire
Nel trattamento dei tumori epiteliali del timo le evidenze disponibili indicano un profilo di tollerabilità molto positivo, per quanto questo aspetto sia stato valutato finora su follow-up brevi.
Potenzialmente, la radioterapia con particelle rappresenta una modalità di trattamento in grado di ridurre in modo significativo l’esposizione degli organi a rischio, e questo dovrebbe comportare un rischio ridotto di tossicità a lungo termine e di tumori secondari.
Il suo impiego nei casi di coinvolgimento dei tessuti cardiaci per quanto tecnicamente complesso, può associarsi a benefici clinici rilevanti. Nella pratica clinica il benefico clinico dell’impiego delle particelle può essere difficile da stabilire a causa dei dati limitati e dei follow-up ancora poco maturi.
Sarebbe auspicabile l’impiego di registri clinici nel supportare le evidenze sul beneficio clinico all’adroterapia in questo setting di pazienti.
Reference
1. Girard N, Ruffini E, Marx A, et al. Thymic epithelial tumours: ESMO clinical practice guidelines for diagnosis, treatment and follow-up. Ann Oncol 2015; 26 Suppl 5:v40-55.
2. Loap P, Vitolo V, Barcellini A, et al. Hadrontherapy for thymic epithelial tumors: implementation in clinical practice. Front Oncol. 2021 Oct 11;11:738320.
3. Sugawara K, Mizumoto M, Numajiri H, Ohno T, Ohnishi K, Ishikawa H, et al. Proton Beam Therapy for a Patient With a Giant Thymic Carcinoid Tumor and Severe Superior Vena Cava Syndrome. Rare Tumors (2014) 6(2):5177.
4. Loap P, Scher N, Goudjil F, Kirova Y, Girard N, Cao KI. Proton Beam Therapy for Thymic Carcinoma With Pericardial Involvement. Int J Part Ther (2021) 7 (3):65–70.
5. Fukai R, Irie Y, Akimoto T, Akasaka K, Nakano K. Survival for Ten Years After Aggressive Surgery for Pericardial Recurrent Thymoma With Proton-Beam Radiation Therapy for An Unresectable Intramyocardial Lesion: A Case Report. Arch Clin Med Case Rep (2020) 4(5):940–5.