Social network, salute e medicina
Social network, salute e medicina
26 ott/15
Eugenio Santoro è responsabile del Laboratorio di Informatica Medica dell'IRCCS Istituto di Ricerche Farmacologiche "Mario Negri".
E' autore dei volumi "Web 2.0 e social media in medicina: come social network, wiki e blog trasformano la comunicazione, l’assistenza e la formazione in sanità". Il Pensiero Scientifico Editore, Roma 2011 e "Facebook, Twitter e la medicina". Il Pensiero Scientifico Editore, Roma 2011. www.pensiero.it/ecomm/pc/viewPrd.asp?idproduct=564
www.pensiero.it/ecomm/pc/viewPrd.asp?idcategory=0&idproduct=548
Si calcola che siano 11,5 milioni gli italiani (il 42% degli adulti)* che cercano informazioni mediche online, sui siti e i social network. Che consigli si possono seguire per trovare informazioni affidabili?
La prima cosa da fare è consultare siti, portali e profili social curati da soggetti attendibili dal punto di vista medico e scientifico come le istituzioni sanitarie (Ministeri, Regioni, Aziende sanitarie locali), gli istituti di cura o ricerca, le università, le società scientifiche, oppure le associazioni di pazienti.
E’ importante poi controllare sempre qual è la fonte dell’informazione. Se ad esempio si sta leggendo sul sito di una testata giornalistica la notizia di uno studio scientifico promettente per la cura di una malattia, bisogna verificare chi sono gli autori della ricerca e consultare il loro siti o profili per individuare l’informazione originaria. Questo ci ricorda quanto sia importante confrontare sempre le notizie, consultando fonti diverse.
Ci sono poi alcuni aspetti pratici da tenere sempre presenti: si deve controllare la data della pagina web che si sta consultando e cioè capire esattamente a quando risale l’informazione. Questo è importante perché la ricerca avanza continuamente e possono esserci aggiornamenti frequenti sulle terapie disponibili per una certa malattia.
Bisogna poi controllare chi è l’autore di ciò che stiamo leggendo: è un medico, un ricercatore, un giornalista? Ha lasciato sul suo portale un contatto mail a cui si può scrivere per porre domande? Sono aspetti importanti per la trasparenza e l’attendibilità delle informazioni.
In tutto ciò non devono mai mancare lo spirito critico e l’attenzione ai possibili conflitti di interessi: se il sito che promuove ad esempio un nuovo prodotto farmaceutico è curato dall’azienda che realizza quello stesso prodotto, dobbiamo porci delle domande.
Non significa necessariamente che l’informazione non sia corretta, ma semplicemente che va verificata consultando altre fonti più imparziali.
Lei ha sottolineato più volte che nel nostro Paese i social media non sono adeguatamente utilizzati per “comunicare la salute”. Cosa potrebbero fare ospedali, ASL e centri di cura per sfruttare meglio questo canale di comunicazione con le persone?
Rispetto ai Paesi anglosassoni, l’Italia, ma anche altri Paesi europei, sono un po’ indietro.
Il punto è che le persone oggi consultano sempre più i social network e i siti per trovare risposta alle loro domande su salute e medicina.
E’ per questo che i social media sono uno strumento potentissimo e molto utile per diffondere informazioni corrette sulla salute, la ricerca scientifica e la prevenzione delle malattie attraverso corretti stili di vita. Pensiamo ad esempio alla polemica sulla vaccinazione obbligatoria e alla diffusione anche online di false credenze sulla pericolosità dei vaccini. Una presenza più forte delle istituzioni sanitarie sul web aiuterebbe senz’altro a diffondere informazioni corrette alla popolazione.
E’ importante però che le istituzioni sanitarie siano presenti sul web e i social con l’obiettivo di aprire un canale di comunicazione con le persone che preveda spazi per raccogliere le loro domande e rispondere in modo tempestivo. Spesso nel nostro Paese l’utilizzo dei social da parte delle istituzioni si limita alla pubblicazione di notizie e avvisi, senza un confronto aperto con i cittadini. Le persone in realtà sono già mature e pronte per sfruttare le potenzialità del web e per interagire con ospedali e ASL in modo serio e consapevole. Per le persone, soprattutto per quelle che stanno lottando contro una malattia, come i pazienti oncologici, è molto importante poter condividere i propri dubbi, domande ed esperienze sul web.
Sono stati pubblicati studi scientifici che hanno misurato l’impatto positivo delle campagne di comunicazione online sui comportamenti delle persone. Che cosa emerge? Ci sono esempi “virtuosi” di iniziative dedicate ai pazienti oncologici?
Nella letteratura scientifica anglosassone sono già presenti studi scientifici di questo tipo. Queste ricerche si basano sull’osservazione di fenomeni circoscritti e caratterizzati da bassi numeri statistici, ma stanno già emergendo risultati molto interessanti. E’ stato osservato in pratica che le campagne di comunicazione portate avanti sul web attraverso i siti e i social media hanno un impatto positivo sui comportamenti e gli stili di vita dei cittadini.
Nel maggio del 2012 Facebook ha introdotto la possibilità per gli utenti di Stati Uniti e Inghilterra di indicare nel loro profilo la disponibilità o meno alla donazione degli organi e di iscriversi alla lista dei donatori.
Uno studio condotto negli USA dalla John Hopkins University, pubblicato sulle pagine dell’American Journal of Transplantation, ha evidenziato che solo nel primo giorno di avvio della campagna si è registrato un aumento del 21% degli iscritti alle liste dei donatori.
Per i pazienti oncologici emerge l’importanza della condivisione delle esperienze sui social.
Nel 2013 l’Università del North Carolina ha condotto uno studio su un gruppo di giovani sopravvissuti al cancro. La ricerca è partita dal presupposto che oltre la metà dei giovani sopravvissuti al cancro americani non svolge un’adeguata attività fisica.
Una parte dei ragazzi coinvolti nello studio è stata iscritta a gruppi di Facebook in cui potevano condividere le loro esperienze di attività fisica e sportiva. Gli altri partecipanti alla ricerca non hanno avuto invece questa possibilità.
I ragazzi sono stati osservati per 12 settimane ed è emerso che i giovani iscritti ai gruppi di Facebook, avevano incrementato la loro attività fisica più degli altri partecipanti allo studio. La possibilità di condividere e confrontare le proprie esperienze sui social ha generato nei ragazzi un comportamento virtuoso
*indagine coordinata da Isabella Cecchini di Gfk Eurisko