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Nel 2023 sarà realizzata al CNAO un’area giochi per i pazienti pediatrici

“REGALIAMO SORRISI: È LA CURA MIGLIORE
DEL MONDO”

02 dic/22

Da anni prestano servizio nei reparti di oncoematologia e chirurgia pediatrica del Policlinico San Matteo di Pavia e non solo, per donare sorrisi lì dove ce n'è più bisogno. Sono i volontari dei gruppi "MerenDona del Sorriso" e "Amici del 4 Piano", che dallo scorso anno hanno deciso di unire le forze diventando un'unica grande realtà, l'associazione "Gli Amici del Sorriso". Nel 2022 le strade del CNAO si sono intrecciate con quelle dell'associazione e, nell’ambito della collaborazione, è stato dato il via a una prima serie di iniziative per offrire momenti di svago ai piccoli pazienti attraverso spettacoli di magia e visite a sorpresa.

Il fondatore dell'associazione "Amici del 4 Piano", Alessandro Baldi, racconta in un'intervista un bellissimo progetto che prenderà forma al CNAO nei prossimi mesi grazie a una generosa donazione. Con un unico, grande obiettivo: contribuire a migliorare la qualità della vita dei pazienti oncologici pediatrici attraverso l'esperienza del gioco e la condivisione.

1. "Regaliamo sorrisi: è la cura migliore del mondo!" è il vostro motto. In cosa consiste il progetto che verrà realizzato al CNAO e in che modo pensate possa aiutare concretamente i pazienti pediatrici che stanno vivendo il delicato percorso di terapia?

Come è stato fatto al Policlinico San Matteo di Pavia nel reparto di chirurgia pediatrica, il progetto, che sarà realizzato con una nostra donazione e con quella di un’altra associazione con la quale collaboriamo (“Perché tu Sorridi”), ha lo scopo di creare una sala giochi per i piccoli pazienti del CNAO, colorata e con tanti divertimenti e intrattenimenti.
L’iniziativa rientra nel più grande obiettivo che ci siamo sempre posti (e che, direi, è un po’ la mission della nostra Associazione): contribuire a trasformare l’ospedale o il centro di cura in un luogo che sia maggiormente “a misura” di bambino. Il benessere psicologico è parte fondamentale della cura e del processo di guarigione.     
Di conseguenza, mettere a disposizione uno spazio per le attività ricreative, confortevole e colorato, così come le iniziative di volontariato, possono sicuramente aiutare in tal senso.
Per un bambino che si ritrova “sradicato” da scuola, amici e giochi, è molto importante creare un ambiente che gli permetta di rimanere il più possibile in contatto con la “normalità” e il mondo esterno. Un’iniziativa del genere ha un’importante ricaduta positiva anche sulla sua famiglia.

2. Il volontariato, se inteso non come semplice risposta a un bisogno ma come vero e proprio strumento per generare cambiamento, può avere un impatto concreto sul presente ma soprattutto sul futuro. Quali sono, secondo lei, le principali sfide che le associazioni a supporto dei pazienti oncologici devono affrontare oggi?

Faccio una premessa: troppo spesso vedo associazioni e fondazioni faticare per sostenere i propri progetti e per reperire i fondi necessari alla loro realizzazione. Per essere attori del cambiamento ha un’importanza strategica creare sinergie e collaborazione tra le realtà del Terzo Settore, un mondo dove spesso condividere iniziative e collaborare è complicato. Solo in questo modo si possono affrontare le sfide del futuro.
Le associazioni in ambito oncologico, attraverso attività eticamente inoppugnabili e trasparenti e la creazione di un’immagine di affidabilità nei confronti dell’opinione pubblica, possono diventare un grande strumento per veicolare risorse finanziarie da destinare a prevenzione e ricerca. È largamente noto che la ricerca nel nostro Paese è spesso penalizzata e scarsamente valorizzata (si pensi al cosiddetto problema della “fuga di cervelli”). Questo non significa che il Terzo Settore debba sostituirsi alle istituzioni pubbliche ma può sicuramente colmarne le lacune.
Il benessere psicofisico del paziente, così come quello del caregiver, deve ricoprire un ruolo sempre più centrale nell’attività delle associazioni; è quindi necessario porre in essere azioni che permettano, sia al malato sia a chi lo segue, di non sentirsi soli, né durante la fase delle cure né dopo che le terapie si sono concluse. Un aspetto che ho sempre ritenuto fondamentale è la gestione dello stress da “timore della recidiva”. Fondamentali, quindi, il supporto psicologico, le attività ludico-ricreative e il farsi promotori, come mediatori, di un’adeguata comunicazione medico-paziente. Credo che, a tal fine, sia anche necessario interfacciarsi spesso con le associazioni dei pazienti, per ascoltare i bisogni di malati e delle loro famiglie e riuscire così a mettere in campo le iniziative più efficaci.

3. Quali sono i traguardi più significativi che avete raggiunto in questi anni di attività?

Quando racconto la mia esperienza dico spesso che la nostra storia è un “piccolo miracolo”, se penso a come eravamo quando siamo partiti dieci anni fa e a come siamo oggi; la nostra è attualmente una realtà con tanti progetti e collaborazioni e più di 40 volontari. Un ottimo traguardo è l’essere riusciti a finanziare una “nostra” giovane ricercatrice, che si è recata a Memphis negli USA (presso il St Jude Children’s Research Hospital) e sta lavorando a un progetto scientifico sulla caratterizzazione molecolare della leucemia acuta pediatrica; un altro traguardo di rilievo è stato l’aver creato un gruppo di ascolto e di mutuo sostegno (denominato “Stella Polare”), per i genitori che hanno perso il figlio a causa di un tumore. Questa seconda iniziativa spero diventi, anche grazie alla collaborazione con un team di esperti, un riferimento a livello nazionale. Tuttavia, forse, il successo più grande è quello di essere riusciti, nonostante i tanti progetti, a gestire la nostra Associazione unicamente attraverso il volontariato, permettendo così di destinare interamente le donazioni ai nostri progetti e alle attività “sul campo”: siamo tutti volontari con un altro tipo di lavoro. Notiamo con commozione che, nei reparti dove siamo assenti a causa del Covid-19, le famiglie chiedono spesso di noi e sentono la nostra mancanza; ne è un esempio l’oncoematologia pediatrica del San Matteo di Pavia. I traguardi raggiunti devono essere però solo un punto di partenza per operare sempre meglio a favore delle tante persone che hanno bisogno nell’ambito socio-sanitario di cui ci occupiamo.

 

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