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L'astrofisica che esplora lo spazio

L'astrofisica che esplora lo spazio

06 ago/19

Marica Branchesi, astrofisica del Gran Sasso Science Institute (Gssi), è una della più importanti scienziate italiane. Ha contribuito alla scoperta sulle onde gravitazionali, le increspature dello spazio-tempo previste oltre un secolo fa da Albert Einstein.


Il CERN, la scoperta delle onde gravitazionali, a cui lei ha contributo, la ricerca della particella di “Dio”: la fisica sta riscuotendo sempre più interesse. Come se lo spiega? E’ una scienza che fa sognare e che mette l’uomo di fronte ai suoi limiti?
Credo che la fisica stia riscuotendo maggiore interesse perché c’è uno sforzo in più da parte degli scienziati a parlare a un pubblico ampio. Ancora non siamo bravissimi, c’è un po’ di resistenza a far capire che gli scienziati non sono persone isolate dal mondo, ma persone normali e che chiunque può dare il suo contributo alla scienza. Poi queste grandi scoperte, come le onde gravitazionali o il bosone di Higgs, ti fanno vedere come la curiosità permetta di spostare i limiti della conoscenza sempre oltre. Queste grandissime scoperte sono il frutto di un grande sforzo collettivo e collaborativo, conseguito da comunità enormi di scienziati. E quindi è cambiata l’immagine dello scienziato, che non è una persona isolata, ma fa parte di un gruppo nel quale ognuno apporta il proprio contributo e la propria specificità. E poi c’è da dire che l’esplorazione dello spazio è nell’immaginario di tutti, quando parli di astronomia catturi l’attenzione del pubblico.


Come è nata in lei la passione per la fisica?
Sono stata sempre curiosa fin da piccola, ho avuto un insegnante di matematica bravissimo alle elementari, è stato quello il momento in cui ho avuto insegnanti che mi spingevano molto a esplorare e a essere curiosa. Ma sono stata sempre molto indecisa su cosa fare. Quando ho scelto l’università c’erano mille cose che mi piacevano: medicina, architettura, matematica... Poi ho scelto l’astronomia perché mi piaceva l’universo. Ma mi capita ancora oggi di chiedermi se sia stata la scelta giusta e di metterla in discussione.


Qual è la prossima scoperta scientifica a cui vorrebbe contribuire?
Sono stata molto fortunata. Spesso gli scienziati lavorano per molti anni – e sono felicissimi di farlo perché lavorano su cose molto belle – ma non hanno la possibilità di partecipare a delle grandissime scoperte. Essere parte di queste scoperte, che poi rimangono nella storia, è stato già tantissimo per me. Quindi io sono già felice di quello che è successo. Quella che è nata con la scoperta delle onde gravitazionali è una nuova astronomia, di cui siamo solo agli albori. Quindi spero di partecipare a tantissime nuove scoperte rese possibili da questa nuova astronomia. Ancora non siamo in grado di capire cosa scopriremo. Ci sono cose che già sappiamo che certamente vedremo, come l’esplosione di una supernova, collisioni di buchi neri o di stelle di neutroni. Però non abbiamo idea di tutte le potenzialità e delle scoperte che in futuro renderanno possibili. Infine, anche se esula al momento dal mio campo, quello dell’astronomia multimessaggera, credo che un’altra grandissima rivoluzione della scienza sarà avere delle evidenze della vita nell’universo.


Cosa farebbe per migliorare la ricerca nel nostro Paese?
Ci sono diversi aspetti per me fondamentali. Il primo è quello dei finanziamenti. All’estero è più facile accedere ai finanziamenti, soprattutto per i giovani. In secondo luogo, anche il sistema di reclutamento dovrebbe cambiare. In Italia si deve passare attraverso una serie molto lunga di concorsi che non sempre selezionano i migliori. All’estero invece se sei bravo ti chiamano e ti offrono dei posti. Se funzioni continui e hai tanti soldi. Se invece i tuoi risultati sono scadenti, la responsabilità ricade su chi ti ha selezionato, che ci rimette in termini di tagli al suo progetto di ricerca ed eventualmente anche al suo stipendio. Un’altra cosa che trovo deficitaria in Italia è che si tende a dare poca responsabilità ai giovani. Infine l’Italia dovrebbe attirare di più gli stranieri. Chi vince i finanziamenti europei spesso va fuori per condurre il proprio progetto di ricerca. Sono pochi invece i ricercatori che portano finanziamenti europei in Italia. Questo aspetto è legato anche a quello degli stipendi, che in Italia sono molto più bassi che nel resto d’Europa.

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