L'Esperienza di Monica all'Evento "Frammenti di Luce"
Cacciatrice di Orizzonti
27 gen/25

Monica ci racconta attraverso un'emozionante intervista come sta vivendo la sua partecipazione all'evento “Frammenti di Luce”, che si terrà venerdì 7 marzo presso l’Almo Collegio Borromeo di Pavia.
Un evento gratuito organizzato da CNAO e dedicato a tutte le pazienti oncologiche, con l’obiettivo di aiutarle ad affrontare la vita dopo la battaglia contro un tumore, ritrovando la voglia di sentirsi donne e prendersi cura di sé, nonostante i segni indelebili lasciati sul corpo e nell’animo.
Lo spettacolo racconterà la storia di 15 pazienti attraverso la pittura, scultura, fotografia, costumistica teatrale e danza, con la collaborazione speciale degli artisti dell'Accademia di Belle Arti di Brera, la scuola di ballo MC360 di Pavia e il maestro Eros Cristiani.
L'arte giapponese del Kintsugi, che si basa sull'idea di riparare oggetti di ceramica rotti utilizzando l'oro, farà da fil rouge: non solo restaurare un oggetto, ma celebrare le cicatrici come una parte fondamentale della propria storia, rendendole visibili e belle piuttosto che nascoste.
Quali emozioni hai provato nel partecipare a questo progetto con gli studenti di costume dell'Accademia di Belle Arti di Brera?
Questo progetto ha illuminato il mio cuore e la mia mente. È stata un'esperienza straordinaria, coinvolgente e inaspettata, perché non capita spesso di incontrare iniziative che mettano al centro i pazienti. Da paziente oncologica, ho avuto l'opportunità di visitare diversi centri, e devo dire che è difficile trovare momenti o progetti che permettano di incontrarsi, scambiarsi emozioni e scoprire che, alla fine, quelle emozioni sono molto simili. Questo confronto aiuta davvero a crescere.
In che modo essere coinvolti in attività artistiche come questa possono influenzare il percorso di cura e lo stato d'animo di una paziente?
Fin da giovane, ho sempre avuto una sensibilità artistica, tanto che ho frequentato il liceo d'arte. Anche se potrebbe sembrare insolito, devo “dire grazie” a ciò che mi è successo, alla mia esperienza da paziente, perché è proprio grazie a questa che ho ripreso a dipingere. Per me, è stato un percorso che ha curato l'anima oltre che il corpo. L'arte mi ha sostenuto immensamente e non mi ha mai fatta sentire sola.
Come immagine della mia intervista ho infatti voluto scegliere uno dei miei quadri, rappresenta l’orizzonte che ho “sentito” mio dopo il mio primo intervento. Come paziente posso dire che la vita quotidiana cambia, ma noi dobbiamo diventare cacciatrici di orizzonti, ognuno del proprio.
Guardando indietro, quali sono state le sfide più grandi che hai affrontato durante il tuo percorso, e come la partecipazione a questo tipo di progetti pensi possano essere d’aiuto?
Ho pensato molto a questa domanda, io il buio della malattia non l’ho mai visto, grazie alle persone che mi sono state vicine, grazie agli ottimi medici che ho incontrato, che mi tenevano per mano e mi dicevano che tutto sarebbe andato bene. Probabilmente il buio più grande è dei familiari che ti stanno accanto e che non sanno come ci si senta a dover affrontare una malattia rara.
Parlare di sfide non è facile. Inizialmente, la difficoltà più grande è stata comprendere la situazione, ma, con il tempo, mi sono resa conto che la vera sfida è accettare ciò che sta accadendo e cercare di andare avanti. Partecipare a progetti come questo è estremamente importante, perché ti permette di entrare in contatto con realtà diverse e di confrontarti non solo sull'arte e l’apprendimento, ma anche sulla malattia. E per me, la malattia non è solo una malattia, ma un passaggio della vita.
Qual è stata la tua esperienza nel lavorare con i giovani studenti? Cosa hai imparato da loro e cosa speri di aver lasciato a loro?
Lavorare con i giovani studenti è stata un'esperienza FANTASTICA: la loro energia è contagiosa e sembra che nulla li spaventi. Ho visto nei loro occhi e nel loro modo di ascoltarci un grande desiderio di imparare, ma per quanto mi riguarda, non sono solo loro a imparare. È stato anche molto utile per noi donne che siamo state coinvolte in questo progetto scoprire giovani che si impegnano e cercano di capire. Non credo che siano abituati a confrontarsi con pazienti oncologici, eppure li ho visti maturi, desiderosi di comprendere, con un cuore aperto e molto gentile. I loro sguardi curiosi sono una lezione per tutti noi. Questo è ciò che la vita dovrebbe essere: fame di conoscere, essere cacciatori di orizzonti.
C’è qualche messaggio di ispirazione che vorresti condividere con altre persone che affrontano sfide simili?
Accettiamoci con un sorriso e impariamo ad amarci. Penso che sia fondamentale tornare a concentrarsi su noi stessi. Siamo spesso proiettati verso l'esterno, ma abbiamo bisogno di prenderci cura di noi e dell'amore infinito che dobbiamo darci. Non bisogna “imbruttirsi” nella malattia: accettarla apre un mondo nuovo, quello dell'amore per sè.