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Ida e l'Adenocarcinoma della cervice uterina:

Una Storia di Forza e Resilienza

25 set/24

Ida ha 33 anni (1986), fa l’insegnante di scuola primaria, lavoro bellissimo e carico di responsabilità.

È diventata insegnante di ruolo da pochi anni, 2 per la precisione, realizzando il sogno di essere come la sua maestra, la signora Cugno, che poteva seguire i bambini dalla prima elementare alla quinta. Vederli crescere e seguirli nello sviluppo delle loro competenze da a Ida soddisfazione e gioia, potendo pensare di avere un po' contribuito anche lei alla loro crescita.

Ida è un’insegnante che fa pochissime assenze, è giovane e in salute. Va al lavoro anche quando ha i fastidiosi dolori che l’endometriosi le procura dall’età di 14 anni.

Le hanno detto che potrebbe avere problemi di fertilità proprio a causa dell’endometriosi, ma Ida spera che col tempo la situazione migliori e poi si è appena sposata con Marco e per il momento vogliono aspettare prima di pensare a un bimbo, la terapia Estroprogestinica per l’endometriosi serve ad aspettare il momento giusto.

Nel settembre del 2018 a seguito di uno dei periodici controlli del PAP test si evidenziano cellule atipiche, e 5 mesi dopo la diagnosi di Adenocarcinoma della cervice uterina a cellule chiare è posta a seguito di una biopsia. La visita in narcosi, la Risonanza pelvica, la TAC TB e la PET con FdG mostrano che il tumore è esteso e interessa l’intera cervice, i parametri e numerosi linfonodi pelvici. La ginecologa parla di neoplasia localmente avanzata e non operabile. A Ida però rimane in testa la parola Tumore localmente avanzato.

Quando si è giovani non si pensa quasi mai alla morte, sembra che riguardi altre epoche della vita, quelle dei nonni, talvolta quelle dei genitori, ma Ida ora ci pensa spesso, spaventata e incredula. Tutto è cambiato da quel PAP test, i sogni e i progetti si sono congelati, come Ida che vive in un tempo sospeso, cadenzato dai tempi dettati dalla Chemioterapia di induzione a cui è sottoposta.

 

Epidemiologia:

In Italia, il carcinoma della cervice uterina rappresenta il quinto tumore per frequenza nelle donne sotto i 50 anni di età e complessivamente l’1,3% di tutti quelli diagnosticati.

Nel Mondo, nel 2020 ha rappresentato il quarto tumore per incidenza nel sesso femminile, circa l’84% dei casi di tumore cervicale si verifica attualmente nei Paesi in via di sviluppo.

L'incidenza globale e i tassi di mortalità dipendono strettamente dalla presenza di programmi di screening (PAP test) per lesioni precancerose e, per le forme HPV correlate, di vaccinazione contro il papillomavirus umano (HPV), entrambi maggiormenteb disponibili nei Paesi industrializzati. Infatti, negli ultimi 50 anni, nei Paesi coinvolti in questi due interventi, è stata registrata una riduzione dell'incidenza (circa del 75%) e della mortalità da tumore della cervice. Negli ultimi anni, la ricerca scientifica ha portato all'introduzione di un nuovo test che arricchisce e migliora lo screening per il cervicocarcinoma: il test HPV. Questo esame rileva la presenza del virus HPV sulla cervice uterina. Sono stati avviati nuovi programmi di screening che utilizzano questo test per le donne di età superiore ai 30 anni.

Fattori di rischio:

Il principale fattore di rischio per lo sviluppo del tumore alla cervice uterina è l'infezione da Human Papilloma Virus (HPV), un virus che colpisce fino all'80% delle donne nel corso della loro vita e si trasmette attraverso i rapporti sessuali. Nella maggior parte dei casi, l'infezione si risolve spontaneamente senza conseguenze permanenti. Altri fattori di rischio per il tumore alla cervice includono: i) Inizio precoce dell’attività sessuale (prima dei 16 anni) e promiscuità sessuale, che aumentano il rischio di contrarre l'HPV o altre infezioni correlate; ii) Fumo;iii) Infezioni da clamidia o herpes simplex; iv) Sistema immunitario indebolito ( per esempio a causa di sindromi immuno-depressive, infezione da HIV, o uso di farmaci immunosoppressori). Nella maggior parte dei casi, la neoplasia della cervice uterina è HPV correlata.

Istologia:

I tumori della cervice uterina si classificano in base al tipo di cellule da cui hanno origine e sono principalmente di due tipi: il carcinoma a cellule squamose, che costituisce circa l'80% dei casi, e l'adenocarcinoma, che rappresenta il 10-15% dei tumori cervicali. Esistono anche tumori della cervice con un’origine mista, noti come carcinomi adenosquamosi, che costituiscono il 3-5%. I sarcomi, linfomi e i tumori a piccole cellule neuroendocrine sono molto rari.

A causa della rarità di questa malattia, è essenziale centralizzare le pazienti in centri di riferimento altamente specializzati nella diagnosi e nella gestione di tumori rari e far parte di gruppi collaborativi di rete sulle malattie rare per offrire ai pazienti la migliore assistenza possibile (2).

Stadiazione:

Dopo la conferma istologica di neoplasia cervicale, un complesso processo di indagini cliniche e strumentali (RMN addomino-pelvica con mdc, Visita ginecologica che può essere effettuata anche in narcosi in specifici casi, TAC total body o TAC torace con mdc, - 18 FDG PET-TC) assicura la valutazione dell’estensione della malattia (sistema di stadiazione FIGO). Lo stadio e la presenza di metastasi linfonodali influenzano la prognosi.

Per quanto riguarda l’istotipo, gli adenocarcinomi sembrano correlare con una prognosi peggiore rispetto alle forme squamose.

Terapia:

Le attuali linee guida prevedono l’isterectomia radicale con linfoadenectomia pelvica come trattamento standard della neoplasia della cervice in stato precoce.

Il trattamento chirurgico del carcinoma invasivo della cervice uterina rappresenta un campo elettivo di modulazione della radicalità chirurgica, che può andare (a seconda dello stadio di malattia e dei fattori di rischio patologici) da trattamenti conservativi, all’isterectomia radicale classica e modificata, e in casi selezionati ad interventi demolitivi di eviscerazione pelvica.

Mentre l’annessiectomia rappresenta una procedura abitualmente effettuata nelle pazienti in postmenopausa e negli stadi avanzati, nelle pazienti giovani è possibile evitarle previo un counselling adeguato con la paziente.

Il trattamento di prima opzione per la malattia localmente avanzata e/o con linfonodi positivi) è rappresentato dalla radioterapia a fasci esterni associata a chemioterapia concomitante a base di platino e brachiterapia cervico-vaginale (con tecnica endocavitaria e/o interstiziale). I dati degli studi EMBRACE evidenziano come questo approccio offra elevati tassi di controllo locale.

Il razionale per l'uso della Chemioterapia Neoadiuvante (NACT) seguita da chirurgia radicale (RS) include la riduzione del tumore primitivo, permettendone o facilitandone l’operabilità, e l'eradicazione della malattia micrometastatica, ma il suo ruolo è ancora controverso (1). Nello studio KEYNOTE-A18 il pembrolizumab in associazione alla chemio-radioterapia ha dimostrato sia di ritardare la progressione di malattia che di migliorare la sopravvivenza nelle donne con tumore della cervice uterina localmente avanzato (9).

 

Nel caldo di luglio e agosto 2019, Ida fa la chemio, che la fa stare male e la fa sentire stanca per molti giorni dopo. Marco l’accompagna sempre e la sostiene nei momenti difficili.

A fine agosto inizia anche la radioterapia sulla pelvi, tutti i giorni per 28 volte Ida si reca presso il reparto di radioterapia dove c’è una macchina chiamata Acceleratore Lineare che emette radiazioni X che colpiscono il tumore. Ma quando il dottore che la segue effettua la valutazione propedeutica alla fase finale del trattamento, la brachiterapia (una particolare forma di radioterapia interna, dove grazie ad una sonda intra-uterina una sorgente radioattiva arriva direttamente a contatto con il tumore),  ancora una volta usa la definizione di tumore localmente avanzato.

Il dottore rileva che i trattamenti effettuati non hanno avuto la risposta che ci si aspettava, e il tumore è ancora troppo grande per fare il trattamento di brachiterapia. Ida è sgomenta e spaventata, allora non è servito a niente quanto ha sopportato con le cure? E ora che si fa? Lo sgomento di Ida è però viene mitigato dall’atteggiamento del suo medico che le spiega che nei casi come il suo può essere utile un trattamento con delle radiazioni particolari, gli Ioni Carbonio, e che si confronterà con i colleghi di Pavia e le farà sapere.

Ida torna a casa con una grande angoscia nel petto. Se non si potrà fare questa terapia che rimane? Allora non sono serviti a nulla i sacrifici fisici (la nausea, la diarrea, le formiche nei piedi, i capelli perduti) e psicologici, essere andata in menopausa dopo la radioterapia e non potere mai più avere bambini? Ma che importa ormai, se si aspetta soltanto che tutto finisca. A nulla servono le parole di Marco, Ida ha nella mente lo sguardo preoccupato e deluso del suo dottore dopo la visita. Lei lo guardava fisso negli occhi e lui a tratti distoglieva lo sguardo da lei, come a voler nascondere la sua preoccupazione. Ida conosce bene quello sguardo, ce lo deve avere avuto anche lei quando ha dovuto comunicare ai genitori di Riccardo che il loro figlio necessitava di una valutazione neuropsichiatrica. Ora non resta che aspettare e cercare in fondo all’anima quella speranza che sembra perduta, il tempo rallenta e le notti sono spesso insonni.

Finalmente Ida riceve la comunicazione della visita al CNAO di Pavia, dove viene accolta da una dottoressa che sembra avere la sua stessa età. È sorridente e molto chiara nei termini che usa quando le parla al termine della visita. Ida la guarda negli occhi, pronta a cogliere ogni dettaglio. Le propone un trattamento radiante aggiuntivo con Ioni Carbonio al posto della brachiterapia. Questo trattamento viene effettuato dall’esterno in un modo piuttosto simile a quello che Ida ha già fatto.

La dottoressa le spiega che grazie alla forza di queste particelle pesanti, tumori estesi e scarsamente responsivi alle cure standard, come è quello di Ida, possono essere trattati. I suoi occhi sembrano sinceri e Ida sente diminuire il peso che ha nel petto e che a volte le impedisce anche di respirare.

 

Sebbene le linee guida raccomandino di concludere il trattamento radiochemioterapico esclusivo con un sovradosaggio brachiterapico, in pratica clinica quest’ultimo step non sempre è possibile. Infatti, nel caso di tumori che hanno risposto poco al trattamento radiochemioterapico (tumori “poor responder”) o che addiruttura sono progrediti, e ancora in caso di una neoplasia voluminosa ed estesa ai tessuti extrauterini, la brachiterapia può essere la scelta non ottimale rischiando una non adeguata copertura del target.

Spesso inoltre molte pazienti rifiutano il trattamento brachiterapico considerandolo invasivo (3). In questi casi, previa una discussione multidisciplinare del caso, le pazienti possono essere trattate con un sovra-dosaggio di radioterapia a fasci esterni  e in alcuni centri viene proposta la radioterapia stereotassica (10). Tuttavia, le dosi precedentemente raggiunte dagli organi pelvici limitrofi alla neoplasia (in particolare il retto, la vescica e le anse intestinali) possono limitare la dose totale erogabile con il sovradosaggio stereotassico, necessaria per ottenere un adeguato controllo locale. Inoltre, spesso le lesioni “poor responder” presentano dei caratteri di radioresistenza maggiore, quali alta componente ipossica o istologia scarsamente responsiva ai fotoni. In questi casi, in considerazione della forte selettività spaziale delle particelle è possibile erogare una dose maggiore al target di trattamento preservando gli organi sani adiacenti. Inoltre, i risultati suggeriscono che i fasci di ioni di carbonio possono essere più efficaci nel contrastare la resistenza alle radiazioni dovuta all'ipossia tumorale. L’esperienza giapponese ha riportato risposte favorevoli sia nei tumori ipossici sia in quelli ossigenati dopo RT con ioni Carbonio, soprattutto nei tumori voluminosi gli ioni C sono efficaci contro la componente ipossica. Sempre l’esperienza giapponese sulle neoplasie della cervice uterina, ha dimostrato un tasso di risposta locale elevato per le istologie non squamose sottoposte a trattamento radicale con ioni carbonio (4,5,6,11).

Importante è inserire le pazienti in programmi di riabilitazione post-trattamento per mitigare gli effetti tardivi dei trattamenti e migliorare la qualità della vita delle pazienti stesse (7,8,12).

 

Prima dell’inizio del trattamento le vengono posizionati due tubicini negli ureteri (che portano le urine dal rene alla vescica) per scongiurare il rischio che la massa tumorale possa schiacciarli e ostruire il passaggio dell’urina.

In due settimane si conclude il trattamento radiante con Ioni Carbonio e a metà novembre Ida torna a casa e riprenderà la chemioterapia insieme a un nuovo farmaco (bevacizumab) fino ad aprile 2020.

A gennaio 2020 il primo controllo clinico e strumentale in CNAO mostra una riduzione dimensionale della lesione tumorale e la PET a maggio mostra una remissione metabolica del tumore della cervice in assenza di localizzazioni secondarie.

Ida ha l’impressione che la dottoressa sia contenta quasi quanto lei del risultato ottenuto e Marco organizza una cena con i loro più cari amici per condividere la bella notizia.

I controlli successivi continueranno ad essere negativi per ripresa della malattia, fino ad oggi a quasi 5 anni dalla diagnosi.

Certo Ida si trova ad affrontare le conseguenze tardive delle terapie effettuate come alcune minute fratture intraspongiose della testa femorale e dell’acetabolo di sinistra post-radioterapia associate allo stato di menopausa indotta anch’essa dal trattamento radiante.

Ma i suoi medici (7) la seguono e la inviano dall’endocrinologo per la terapia ormonale sostitutiva, dalla fisiatra per gli aspetti di riabilitazione del pavimento pelvico con netto miglioramento dell'atrofia e della stenosi vaginale.

Purtroppo le frequenti infezioni urinarie hanno riportato Ida due volte in ospedale, ma ormai poche cose la spaventano ed è una donna forte e matura in grado di apprezzare la vita e le cose veramente importanti.

È anche tornata a scuola dai suoi bambini che ora sente ancora più suoi perché le attenuano il rammarico di non poter diventare mamma, ma di potere essere un po’ la mamma di tutti loro.

 

BIBLIOGRAFIA:

1) Linee-guida-aiom-2022-neoplasie-dellutero-endometrio-e-cervice
2) Amelia Barcellini , Tullio Golia D'Augè , Vincenzo Dario Mandato , Ilaria Cuccu , Angela Musella , Robert Fruscio , Maria Giuseppa Vitale , Ruby Martinello7, Giorgia Mangili , Sandro Pignata , Innocenza Palaia.  Primary neuroendocrine neoplasms of the vulva: A review of the MITO rare cancer group Crit Rev Oncol Hematol. 2024 Jan: 193:104201.
3 )Fokdal L, Sturdza A, Mazeron R, Haie-Meder C, Tan LT, Gillham C, Šegedin B, Jürgenliemk-Schultz I, Kirisits C, Hoskin P, Pötter R, Lindegaard JC, Tanderup K: Image guided adaptive brachytherapy with combined intracavitary and interstitial technique improves the therapeutic ratio in locally advanced cervical cancer: Analysis from the retroEMBRACE study. Radiother Oncol 120(3): 434-440, 2016. 
4) Hall EJ, Giaccia AJ: Radiobiology for the radiologist. 7th ed. Philadelphia, Lippincott Williams & Wilkins, 2012. 
5) Suzuki Y, Nakano T, Ohno T, Kato S, Niibe Y, Morita S, Tsujii H: Oxygenated and reoxygenated tumors show better local control in radiation therapy for cervical cancer. Int J Gynecol Cancer 16(1): 306-311, 2006. 
6) Okonogi N, Wakatsuki M, Kato S, Shiba S, Kobayashi D, Kiyohara H, Karasawa K, Ohno T, Nakano T, Kamada T, Shozu M; Long-term Outcomes of Carbon-ion Radiotherapy for Locally Advanced Squamous Cell Carcinoma of the Uterine Cervix. WORKING GROUP OF GYNECOLOGICAL TUMORS. Anticancer Res. 2018 Jan;38(1):457-463.
7) Falk SJ, Bober S Cancer and Female Sexual Function..Obstet Gynecol Clin North Am. 2024 Jun;51(2):365-380. doi: 10.1016/j.ogc.2024.03.003. Epub 2024 Apr 10.
8) Suvaal I, Hummel SB, Mens JM, van Doorn HC, van den Hout WB, Creutzberg CL, Ter Kuile MM.A sexual rehabilitation intervention for women with gynaecological cancer receiving radiotherapy (SPARC study): design of a multicentre randomized controlled trial. BMC Cancer. 2021 Dec 4;21(1):1295.
9) Lorusso, Domenica et al. Pembrolizumab or placebo with chemoradiotherapy followed by pembrolizumab or placebo for newly diagnosed, high-risk, locally advanced cervical cancer (ENGOT-cx11/GOG-3047/KEYNOTE-A18): a randomised, double-blind, phase 3 clinical trial. The Lancet, Volume 403, Issue 10434, 1341 – 1350
10) Campitelli M, Lazzari R, Piccolo F, et al. Brachytherapy or external beam radiotherapy as a boost in locally advanced cervical cancer: a Gynaecology Study Group in the Italian Association of Radiation and Clinical Oncology (AIRO) review. Int J Gynecol Cancer. 2021;31(9):1278-1286. doi:10.1136/ijgc-2020-002310
11) Okonogi N, Ando K, Murata K, et al. Multi-Institutional Retrospective Analysis of Carbon-Ion Radiotherapy for Patients with Locally Advanced Adenocarcinoma of the Uterine Cervix. Cancers (Basel). 2021;13(11):2713. Published 2021 May 31. doi:10.3390/cancers13112713.
12) Barcellini A, Dominoni M, Dal Mas F, et al. Sexual Health Dysfunction After Radiotherapy for Gynecological Cancer: Role of Physical Rehabilitation Including Pelvic Floor Muscle Training. Front Med (Lausanne). 2022;8:813352. Published 2022 Feb 3. doi:10.3389/fmed.2021.813352.
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