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CLINICAL NEWS
Per i professionisti della sanità | N 2 | aprile 2019

Prospettive positive dell’adroterapia per i tumori dei seni paranasali Prospettive positive dell’adroterapia per i tumori dei seni paranasali I tumori della cavità nasale e dei seni paranasali rientrano tra le neoplasie del distretto cervico-cefalico che possono essere trattate in modo efficace con l’adroterapia. Alcuni studi internazionali hanno indagato efficacia e safety sia della protontera Per le difficoltà anatomiche (vicinanza di organi critici) i tumori della cavità nasale e dei seni paranasali, così come in generale per tutte le patologie oncologiche del distretto cervico-cefalico possono giovarsi dell’impiego dell’adroterapia per le sue caratteristiche dosimetriche e di efficacia, soprattutto quando si prevede l’integrazione di chirurgia, radioterapia e chemioterapia Per il trattamento dei tumori dell’area testa-collo un approccio multidisciplinare coinvolgente tutti gli specialisti interessati ,con l’obiettivo della migliore integrazione delle tecniche disponibili, è necessario al fine di migliorare l’outcome del paziente e la sua qualità di vita, limitandone le tossicità. Per promuovere e favorire questa strategia multidisciplinare, il 5 aprile al CNAO si svolgerà una giornata di studio organizzata in collaborazione con l’AIOCC (Associazione Italiana di Oncologia Cervico-Cefalica) dal titolo “Updates nella diagnostica e trattamento delle neoplasie delle ghiandole salivari: l’importanza dell’approccio multidisciplinare”. Per saperne di più, https://fondazionecnao.it/it/ I tumori della cavità nasale e dei seni paranasali I tumori dei seni paranasali sono relativamente rari; rappresentano, infatti, una frazione compresa tra 3 e 5% di tutte le neoplasie del distretto cervico-cefalico. Le forme maligne costituiscono l’1% dei tumori maligni di quest’area. Le istologie possono essere molto diverse: il carcinoma a cellule squamose è la tipologia più comune, ma vi sono anche forme resistenti ai trattamenti chemioterapici e alla radioterapia convenzionale, come i carcinomi adenoideo-cistici, i melanomi mucosi, gli adenocarcinomi e i neuroblastomi olfattivi. Il trattamento di elezione, quando il tumore è in stadio iniziale, è la chirurgia; tuttavia, spesso la diagnosi viene fatta quando la malattia si trova in uno stadio avanzato ed è estesa ad altri organi critici. In questo caso è necessario un approccio integrato che prevede una radioterapia successiva all’intervento. La terapia radiante può anche essere impiegata come trattamento primario per i pazienti non candidabili all’intervento chirurgico. In tutti i casi, la dose somministrata con la radioterapia tradizionale è necessariamente limitata, data la localizzazione dei tumori in prossimità di strutture e tessuti sensibili e critici. Per le loro caratteristiche fisiche e biologiche, la protonterapia e la radioterapia con ioni carbonio ( CIRT, Carbon-Ion Radiotherapy) possono portare benefici nei pazienti affetti da questi tumori. Ioni carbonio per trattare le neoplasie dei seni paranasali Un gruppo di ricercatori ha condotto un’analisi di sottogruppo [1] dei dati di un ampio studio multicentrico giapponese, con l’obiettivo di valutare efficacia e sicurezza della CIRT per il trattamento dei tumori maligni della cavità nasale e dei seni paranasali localmente avanzati. Lo studio multicentrico J-CROS 1402 HN è stato condotto in 4 centri giapponesi tra il 2003 e il 2014 su oltre 900 pazienti con tumori del distretto cervico-cefalico. Nell’analisi di sottogruppo sono stati analizzati i dati dei 458 pazienti con tumori primitivi o ricorrenti della cavità nasale e dei seni paranasali, trattati con CIRT. Il tumore è localizzato nella cavità nasale nel 57% dei pazienti (263) e nei seni paranasali nel restante 43% (195), soprattutto nei seni mascellari (24%, 109 pazienti). Nell’86% dei casi (393 pazienti) il tumore è primitivo, nel restante 14% (65 pazienti). Recidive tumorale. Per quanto riguarda l’istologia, i tipi più frequentemente riscontrati nel campione considerato sono il melanoma mucoso (48%, 221 pazienti) e il carcinoma adenoideo-cistico (26%, 122 pazienti). La maggioranza dei pazienti (66%, 300 pazienti) ha un tumore in stadio T4 e tutti hanno ricevuto il trattamento con CIRT con intento curativo. Il follow up mediano per tutti i pazienti è di 25,2 mesi. I risultati indicano un tasso di sopravvivenza (OS, overall survival) a 2 anni del 79,6% e un tasso di controllo locale di malattia del 84,1%. Questi valori variano in base all’istologia del tumore: la OS a 2 anni per i pazienti con melanoma mucoso è del 68%, per quelli con carcinoma a cellule squamose del 70% e sale al 89,7% in caso di adenocarcinoma, mentre la percentuale è sovrapponibile (96,7% e 96,8% rispettivamente) per il neuroblastoma olfattivo e per il carcinoma adenoideo-cistico. Per quanto riguarda le tossicità acute correlate alla CIRT, 87 pazienti (19%) hanno sviluppato una mucosite e 15 (3%) una dermatite entrambe di grado 3. Tossicità tardive di grado 3 e 4 sono state rilevate nel 17% dei pazienti (86), nella maggior parte dei casi (67 pazienti) disturbi visivi di grado uguale o superiore a 2. Gli autori concludono che la CIRT è un trattamento che consente di ottenere outcome clinici molto soddisfacenti a fronte di tossicità accettabili per pazienti con tumori della cavità nasale e dei seni paranasali localmente avanzati. Un’altra analisi di sottogruppo dello stesso studio giapponese [2] è stata condotta circa l’impiego della CIRT nel trattamento dei neuroblastomi olfattivi localmente avanzati. Sono stati analizzati i dati relativi a 21 pazienti con tumore in stadio T4, con età mediana di 53 anni. Di questi, 17 avevano un tumore primario e 4 una recidiva. Il follow up mediano è di 39 mesi. A 3 anni, la OS è 88,4% e il tasso di controllo locale di malattia è 83%. Sono stati osservati 4 casi di tossicità acute di grado 3 correlate al trattamento, tra cui 2 mucositi. Per quanto riguarda le tossicità tardive, effetti avversi di grado 4 sono stati osservati in 3 pazienti: si tratta di 2 casi di disturbi del nervo ottico e di un caso di retinopatia. La CIRT quindi può essere considerata una valida scelta terapeutica per questa patologia, per quanto siano necessari studi prospettici più ampi per confermare queste indicazioni. Il ruolo dell’adroterapia con protoni: due studi internazionali Anche l’adroterapia con protoni (protonterapia) è al centro dell’attenzione della ricerca sui possibili trattamenti efficaci dei tumori della cavità nasale e dei seni paranasali. Un recente studio statunitense [3] ha coinvolto 84 pazienti con tumore non metastatico, nei quali la protonterapia è stata impiegata sia come terapia primaria (13%, 11 pazienti) sia come terapia adiuvante (87%, 73 pazienti). I pazienti hanno un’età mediana di 59 anni e nella grande maggioranza dei casi (92%, 77 pazienti) il tumore è primitivo. Le istologie sono diverse: le più comuni sono il neuroblastoma olfattivo (27%, 23 pazienti), il carcinoma a cellule squamose (26%, 22 pazienti) e il carcinoma adenoideo-cistico (17%, 14 pazienti). Nella quasi totalità dei casi il tumore è in stadio avanzato: T4 nel 69% dei casi (58 pazienti) e T3 nel 25% (21 pazienti). Nel 95% dei casi (80 pazienti), poi, quella con i protoni è stata l’unica radioterapia effettuata. Il follow up mediano è di 2,4 anni per tutti i pazienti. I risultati indicano, a 3 anni, un tasso di controllo locale di malattia del 83%, una sopravvivenza libera da malattia del 63% e una OS del 68%. In assenza di malattia residua dopo la resezione, il controllo locale di malattia aumenta fino al 90%. Eventi avversi tardivi sono stati registrati nel 24% dei pazienti, ma quelli di grado 3 o superiore sono stati rilevati solo nel 2%. Un altro studio statunitense [4] ha valutato gli outcome a lungo termine della protonterapia in 54 pazienti con carcinoma a cellule squamose in stadio 3 o 4, localizzato nella cavità nasale o nei seni paranasali. I pazienti sono stati trattati tra il 1991 e il 2008. Nel 69% dei casi i pazienti erano già stati sottoposti a chirurgia in precedenza. Il follow up mediano è 82 mesi nei pazienti sopravvissuti. A 2 e a 5 anni, il tasso di controllo locale di malattia rimane stabile a 80%; la OS è 67% a 2 anni e 47% a 5 anni. Lo stato di fumatore risulta correlato con un peggiore controllo locale di malattia: 23% vs 83% nei non fumatori a 5 anni. In 15 casi sono state registrate tossicità di grado 3 (9 pazienti) o 4 (6 pazienti) e non sono state rilevate tossicità di grado 5. Gli autori concludono che a lungo termine la protonterapia è ben tollerata e consente un buon controllo locale di malattia nei pazienti con questa patologia. Focus sull’approccio integrato negli studi CNAO CNAO collabora con la Fondazione IRCCS Istituto Nazionale dei Tumori di Milano alla realizzazione di 2 studi di fase II che hanno l’obiettivo di valutare un approccio multisciplinare al trattamento dei tumori dei seni paranasali a prognosi sfavorevole. Il primo protocollo [5], chiamato SINTART 1, è dedicato ai pazienti eleggibili a intervento chirurgico e mira a valutare l’efficacia e la minore tossicità di una strategia integrata di chemioterapia, chirurgia, radioterapia con fotoni e adroterapia. Si tratta di uno studio multicentrico, a braccio singolo, open-label. L’endpoint primario è la valutazione dell’efficacia del trattamento complessivo in termini di sopravvivenza libera da progressione (PFS, progression-free survival) a 5 anni in pazienti con tumori dei seni paranasali operabili con prognosi sfavorevole in base all’istologia e stadio di malattia da II a IVa. Lo studio ha anche l’obiettivo di valutare la OS e la safety, con particolare attenzione alle tossicità tardive correlate con la radioterapia. I pazienti arruolati non devono avere ricevuto un trattamento radioterapico o chemioterapico precedente per neoplasie del distretto cervico-cefalico, né avere una malattia metastatica. Il protocollo di trattamento prevede una chemioterapia di induzione, seguita dalla chirurgia e dalla radioterapia adiuvante. La terapia radiante viene effettuata con fotoni e/o adroni (protoni o ioni carbonio), quando possibile; l’adroterapia, infatti, comporta minori tossicità e ha una buona efficacia su questo tipo di tumori. Il percorso più appropriato per il singolo paziente viene definito da un team multidisciplinare. Dopo il trattamento con tutte le modalità previste dal percorso è previsto un follow up di 5 anni per la valutazione della PFS e di 8 anni al massimo per la valutazione della OS e delle tossicità tardive correlate alla radioterapia (sia quella con fotoni sia quella con adroni). Il secondo protocollo, SINTART 2 [6], è dedicato ai pazienti con tumori dei seni paranasali a prognosi sfavorevole in base all’istologia e stadio di malattia IVb, non operabili. Gli obiettivi sono gli stessi dello studio SINTART 1, ma in questo caso il percorso di trattamento prevede una chemioterapia di induzione seguita da una radioterapia con fotoni e/o adroni e chemioterapia concomitante. Anche in questo caso, per essere arruolati, i pazienti non devono avere ricevuto un trattamento radioterapico o chemioterapico precedente per neoplasie del distretto cervico-cefalico, né avere una malattia metastatica. Reference 1. Koto M, Demizu Y, Saitoh J, et al; Japan Carbon-Ion Radiation Oncology Study Group. Definitive Carbon-Ion Radiation Therapy for Locally Advanced Sinonasal Malignant Tumors: Subgroup Analysis of a Multicenter Study by the Japan Carbon-Ion Radiation Oncology Study Group (J-CROS). Int J Radiat Oncol Biol Phys. 2018 Oct 1;102(2):353-361. 2. Suefuji H, Koto M, Demizu Y, et al. A Retrospective Multicenter Study of Carbon Ion Radiotherapy for Locally Advanced Olfactory Neuroblastomas. Anticancer Res. 2018 Mar;38(3):1665-1670. 3. Dagan R, Bryant C, Li Z, et al. Outcomes of Sinonasal Cancer Treated With Proton Therapy. Int J Radiat Oncol Biol Phys. 2016 May 1;95(1):377-85. 4. Russo AL, Adams JA, Weyman EA, et al. Long-Term Outcomes After Proton Beam Therapy for Sinonasal Squamous Cell Carcinoma. Int J Radiat Oncol Biol Phys. 2016 May 1;95(1):368-76. 5. Licitra L, Mariani L. Multidisciplinary approach for poor prognosis sinonasal tumors: Phase II study of chemotherapy, surgery, photon and heavy ion radiotherapy integration for more effective and less toxic treatment in operable patients. 6. Licitra L, Mariani L. Multidisciplinary approach for poor prognosis sinonasal tumors: Phase II study of chemotherapy, photon and heavy ion radiotherapy integration for more effective and less toxic treatment in inoperable patients. .
 Protonterapia alla prova per l’angiosarcoma cutaneo: un caso clinico Protonterapia alla prova per l’angiosarcoma cutaneo: un caso clinico L’adroterapia è una opzione terapeutica che può essere particolarmente utile per il trattamento dei tumori radioresistenti e localizzati in aree particolarmente critiche, perché prossime a organi e strutture sensibili che devono essere il più possibile da La storia clinica del paziente inizia nel 2015, con la comparsa di noduli cutanei asintomatici, trattati senza beneficio con terapia topica La storia oncologica precedente A partire da agosto 2016, nella regione retroauricolare sinistra compare una tumefazione arrossata e non dolente, che cresce progressivamente in dimensione fino all’ulcerazione. Circa un anno dopo (luglio 2017) il paziente si sottopone a TC dell’encefalo e del collo, che evidenzia: presenza di una formazione di tessuto solido patologico di diametro 70x35 mm nel tessuto cutaneo e sottocutaneo della regione nucale sinistra, con ispessimento del tessuto dell’area interessata. Tale lesione viene sottoposta a biopsia con diagnosi di : angiosarcoma cutaneo a crescita prevalentemente solida, con cellule epitelioidi e fusate (CD31 e 34+, Ki-67>40%) e focolai di necrosi. la TC total body conferma la lesione nella regione nucale sinistra, un unico nodulo polmonare di diametro massimo di 10 mm e piccoli linfonodi a sinistra con diametro inferiore al centimetro. A seguito di questi rilievi, il paziente viene indirizzato dagli specialisti dell’Ospedale San Matteo di Pavia al CNAO per valutare l’opportunità di un trattamento con adroterapia. Il trattamento al CNAO Il paziente viene valutato al CNAO Il caso viene discusso collegialmente e si decide per un trattamento radiante con protoni sulla sede di malattia. il paziente è stato trattato con protonterapia dose totale di 60 Gy (RBE). 2 Gy a frazione per 30 frazioni. Al termine del trattamento non si evidenziano eritemi cutanei nella zona trattata o nelle aree circostanti, né teleangectasie sulla cute della nuca. Il paziente non avverte dolore e non è quindi necessaria una terapia antalgica. Viene impostato un adeguato programma di follow up successivi. Il primo follow up Dopo un mese dal termine del trattamento, il paziente si presenta presso l’ambulatorio del CNAO per il primo follow up. Si evidenzia una riduzione della lesione solida localizzata nella regione retronucale sinistra. Non si rilevano tossicità. Le condizioni generali si mantengono buone e il paziente non avverte dolore. Risonanza magnetica e seconda visita di follow up Il 4 maggio 2018 il paziente si sottopone a risonanza magnetica, che indica una importante riduzione delle dimensioni del tessuto trattato nella regione retronucale sinistra. La componente esofitica non è più visibile mentre quella a carico dei tessuti molli adesa alla squama dell’occipite appare ridotta. Non si evidenzia la comparsa di nuove lesioni solide con caratteristiche analoghe, né complicanze encefaliche a carico del parenchima cerebrale a seguito del trattamento radiante. Per quanto riguarda i linfonodi la situazione risulta stabile. Le indicazioni radiologiche e cliniche indicano quindi una buona risposta alla terapia nella sede trattata. Terza visita di follow up La successiva visita di follow up, effettuata il 16 luglio 2018 – a circa 5 mesi dal termine del trattamento – conferma l’appianamento della lesione solida nella regione retronucale sinistra e le buone condizioni della cute della zona trattata. Si conferma la buona risposta clinica di malattia nella sede trattata, in assenza di tossicità. Gli ultimi esami radiologici Il 29 agosto 2018 il paziente viene sottoposto a una TC del torace, che non evidenzia lesioni focali sospette in senso oncologico, addensamenti flogistici, versamenti pleurici o pericardici. Si osserva una voluminosa ernia iatale. Nella stessa data viene effettuata anche una risonanza magnetica con mezzo di contrasto. Rispetto al precedente esame di inizio maggio, la RM indica una ulteriore riduzione della lesione nucale sinistra.
 Ioni carbonio per il carcinoma a cellule renali: una frontiera per la ricerca Ioni carbonio per il carcinoma a cellule renali: una frontiera per la ricerca La terapia di riferimento per il carcinoma a cellule renali è la chirurgia o in alternativa, in casi specifici, l’ablazione con tecniche particolari. Tuttavia, non sempre queste terapie sono applicabili e in questo caso non esiste un trattamento standard. Il carcinoma a cellule renali è un tumore generalmente radioresistente, per il quale l’opzione terapeutica di prima scelta, se fattibile, è la resezione chirurgica tramite nefrectomia parziale o radicale. In alternativa, per tumori di piccole dimensioni e localizzati, sono possibili anche la crioablazione e l’ablazione a radiofrequenza. Se però il paziente non è eleggibile a questi trattamenti, per condizioni cliniche o per caratteristiche della malattia, non vi sono trattamenti radicali di riferimento. L’adroterapia (radioterapia con ioni carbonio - CIRT, carbon ion radiotherapy) può rappresentare un’opzione terapeutica promettente per il trattamento di questi pazienti. Le possibilità della radioterapia Per il trattamento del carcinoma primario a cellule renali, la radioterapia è considerata un’opzione percorribile solo da pochi anni, a seguito del miglioramento delle tecniche con l’introduzione della radioterapia stereotassica corporea e di quella ablativa, che consentono una irradiazione più centrata sul tumore e sono associate, negli studi finora condotti, a un buon controllo locale di malattia e una bassa incidenza di effetti avversi. Per queste terapie, però, non sono disponibili dati di follow up a lungo termine. Le proprietà fisiche e biologiche della CIRT consentono di concentrare la dose irradiata sul bersaglio, minimizzando gli effetti sui tessuti sani circostanti. Inoltre, la CIRT ha un’alta capacità citotossica, grazie all’elevato trasferimento lineare di energia. Considerando questi aspetti, dunque, alcuni studi hanno cominciato a indagare le potenzialità degli ioni carbonio nel trattamento dei carcinomi a cellule renali. Le prospettive della CIRT Uno studio retrospettivo giapponese [1] ha valutato gli outcome a lungo termine della radioterapia con ioni carbonio su 19 pazienti con carcinoma a cellule renali, trattati tra il 1997 e il 2014. Nove tra i pazienti analizzati non erano candidabili a chirurgia a causa di coomorbilità o di malattia in stadio troppo avanzato. Cinque pazienti avevano coomorbilità renali importanti prima del trattamento, tra cui nefropatia diabetica e nefrosclerosi, e 4 di questi hanno raggiunto uno stadio avanzato di insufficienza renale cronica. Nessuno dei 14 pazienti senza coomorbilità renali prima del trattamento ha invece avuto una progressione di questo tipo dopo la CIRT. Dal punto di vista delle tossicità non renali, è stato osservato un caso di dermatite di grado 4 e nessun altro effetto avverso di grado 3 o superiore. Il follow up mediano è di 6,6 anni. Per quanto riguarda gli outcome clinici, a 5 anni il tasso di controllo locale di malattia è 94,1%, la sopravvivenza libera da malattia 68,9% e la sopravvivenza (OS, overall survival) 89,2%, per tutti i pazienti. Gli autori concludono che la CIRT è un trattamento sicuro a lungo termine per i pazienti senza gravi comorbilità renali precedenti la terapia, e permette di ottenere outcome favorevoli anche nei casi non operabili. Lo stesso gruppo di ricercatori giapponesi ha condotto uno studio prospettico [2] con l’obiettivo di valutare la sicurezza e l’efficacia della CIRT somministrata in 12 frazioni, per il trattamento del carcinoma primario a cellule renali. Si tratta di uno studio di fase I/II, non randomizzato, open-label, condotto su 8 pazienti con carcinoma primario a cellule renali, 3 con tumore non operabile e 5 con carcinoma di dimensione superiore a 4 cm, non candidabili all’ablazione. L’endpoint primario è l’incidenza di eventi avversi acuti e la dose soglia è quella per la quale non si rilevano tossicità cutanee, urologiche o del tratto gastrointestinale di grado uguale o superiore a 3. Cinque pazienti sono stati trattatati con una dose di 66 Gy (RBE), poi aumentata a 72 Gy (RBE) per gli altri 3 pazienti. Il follow up mediano è di 43,1 mesi. Non sono state osservate tossicità di grado uguale o superiore a 3 o eventi avversi che abbiano determinato una riduzione della dose. Il tasso di controllo locale di malattia è del 100%, così come la sopravvivenza correlata al tumore. Secondo i ricercatori, i dati confermano l’efficacia di questo schema di trattamento con CIRT per i pazienti con carcinoma primario a cellule renali non candidabili a chirurgia o ad ablazione. Inoltre, i risultati consentono di raccomandare la dose di 72 Gy (RBE) per successivi trial clinici per questa patologia. Reference 1. Kasuya G, Tsuji H, Nomiya T, et al; Working Group for Genitourinary Tumors. Updated long-term outcomes after carbon-ion radiotherapy for primary renal cell carcinoma. Cancer Sci 2018;109(9):2873-80. 2. Kasuya G, Tsuji H, Nomiya T, et al; Working Group for Genitourinary Tumors. Prospective clinical trial of 12-fraction carbon-ion radiotherapy for primary renal cell carcinoma. Oncotarget 2019;10(1):76-81.
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