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CLINICAL NEWS
Per i professionisti della sanità | N 3 | giugno 2019

Con CNAO al congresso ESTRO: focus sull’adroterapia Con CNAO al congresso ESTRO: focus sull’adroterapia Si è svolto a Milano a fine aprile il congresso annuale della European Society for Radiotherapy & Oncology. CNAO ha partecipato presentando i risultati di numerosi studi condotti dai propri ricercatori sull’impiego dell’adroterapia nel trattamento di dive Il 38esimo congresso annuale della European Society for Radiotherapy & Oncology (ESTRO), che si è tenuto a Milano dal 26 al 30 aprile, ha rappresentato un’occasione ideale per fare il punto sullo stato dell’arte e sulle prospettive dell’adroterapia in ambito oncologico. In questo panorama, l’esperienza di CNAO nel campo della ricerca è particolarmente ricca e la partecipazione al congresso ESTRO ha offerto l’opportunità di presentare alcuni risultati dei numerosi studi realizzati o in corso presso il centro, in particolare per quanto riguarda le applicazioni dell’adroterapia per il trattamento dei tumori del distretto cervico-cefalico, ginecologici e rettali. L’esperienza del CNAO nell’adroterapia dei tumori cervico-cefalici Lo studio di fase II sul trattamento con ioni carbonio (CIRT, carbon-ion radiotherapy) dei carcinomi adenoideo-cistici del distretto testa-collo ha fornito alcuni risultati preliminari [1]. Nell’ambito dello studio, 128 pazienti con questa tipologia di carcinoma sono stati trattati con CIRT presso il CNAO tra il 2013 e il 2016. L’età media era 54 anni. Nella maggior parte dei casi (66%) il carcinoma era localizzato nelle ghiandole salivari minori e negli altri (34%) nelle ghiandole salivari maggiori; nell’86% dei pazienti la CIRT è stata utilizzata per la terapia del tumore primario, nel restante 14% al momento della ripresa di malattia. Il follow up è in media di 31 mesi. Il tasso di controllo locale di malattia è stato determinato, come dato preliminare, considerando 97 dei 127 pazienti valutabili e risulta del 76% all’ultimo follow up effettuato. I dati relativi alla sopravvivenza indicano una sopravvivenza globale (OS, overall survival) a 1 anno del 95% e dell’85% a 2 anni, con un tempo mediano di OS di 24 mesi; per la sopravvivenza libera da progressione (PFS, progression-free survival), le percentuali a 1 e 2 anni sono rispettivamente dell’81% e del 67%. Per quanto riguarda la safety, al termine del trattamento sono state rilevate tossicità di grado 2 nel 54% dei pazienti trattati e di grado 3 nel 26%. Il follow up a lungo termine, invece, ha evidenziato eventi avversi di grado 3 nel 15% dei pazienti e di grado 4 nell’1%, a sostegno della buona tollerabilità della terapia. Anche la protonterapia è stata considerata per il trattamento dei tumori cervico-cefalici localmente avanzati. Uno studio ha valutato la fattibilità, la safety e alcuni outcome clinici di uno schema sequenziale, che prevede la radioterapia a intensità modulata con fotoni (IMRT, intensity-modulated radiotherapy) seguita da protonterapia con schema boost sulle zone ad alto rischio [2]. Tra il 2012 e il 2018, 41 pazienti con età media di 51 anni hanno ricevuto questa terapia per tumori del distretto cervico-cefalico in stadio III e IV, localizzati principalmente nel rinofaringe (69% dei casi), nell’orofaringe (12%) e nei seni paranasali (10%). Quasi tutti i pazienti (95%) hanno ricevuto una chemioterapia concomitante. Il follow up mediano è di 12 mesi. Il controllo locale di malattia risulta dell’83%; 4 pazienti hanno avuto recidive locali entro 8-12 mesi dalla terapia, mentre 3 hanno sviluppato metastasi a distanza in un periodo compreso tra 6 e 25 mesi dalla fine del trattamento. La terapia è stata ben tollerata, con tossicità acute correlate alle radiazioni (mucosite, reazioni cutanee e disfagia) di grado 3 nel 27% dei pazienti. A lungo termine non sono state rilevate tossicità di grado elevato. Lo stesso schema di trattamento (IMRT seguita da boost di protonterapia) è stato valutato in 27 pazienti con tumore nasofaringeo localmente avanzato, con l’obiettivo di mettere a confronto le tossicità acute correlate a questo trattamento con i dati di safety di una coorte storica di 17 pazienti trattati con la sola IMRT [3]. Tutti i pazienti hanno ricevuto una chemioterapia concomitante. L’incidenza di mucosite acuta di grado 3 è dell’11% nel gruppo trattato con radioterapia sequenziale e del 7% nel gruppo che ha ricevuto la sola IMRT; per la xerostomia di grado 2 le percentuali di incidenza sono rispettivamente del 76% e del 35%. Queste percentuali, considerato che le due coorti analizzate erano paragonabili in termini di parametri clinici, ma la dose ricevuta dai pazienti trattati con IMRT e protonterapia era significativamente più elevata, non fanno emergere altre differenze in termini di tossicità. Si può quindi concludere che l’approccio terapeutico considerato è sicuro per il trattamento del tumore nasofaringeo localmente avanzato, se confrontato con un approccio basato sulla sola IMRT. Altri due studi hanno concentrato l’attenzione sull’impiego dell’adroterapia per il trattamento dei cordomi e dei condrosarcomi della base del cranio. Nel primo sono stati trattati in tutto 134 pazienti, in maggioranza uomini, con età mediana di 57 anni [4]. Nella maggior parte dei casi (76%) i pazienti erano stati sottoposti in precedenza a resezione chirurgica, che è risultata completa solo nel 20% dei casi. La CIRT è stata impiegata in 73 casi, mentre gli altri 61 sono stati trattati con protonterapia. Sono stati valutati alcuni outcome clinici e il profilo di tossicità della radioterapia con adroni. Con un follow up mediano di 32 mesi, il tasso di controllo locale di malattia è dell’83%, ma del 100% nei pazienti trattati con protonterapia dopo la resezione chirurgica completa. A 3 anni, la OS è del 90%. In 18 pazienti (13%) sono comparse recidive nelle aree irradiate, mentre solo 6 pazienti (4%) hanno sviluppato metastasi a distanza dopo un intervallo medio di 12 mesi dal trattamento. Anche in questo caso si evidenzia una buona tollerabilità della terapia, con 2 soli casi di mucosite di grado 3 indotta da radiazioni. A lungo termine, tossicità di grado 3 e 4 correlate alla terapia sono state rilevate solo nel 4% dei pazienti. Per quanto riguarda i condrosarcomi, 35 pazienti con età mediana di 45 anni sono stati sottoposti tra il 2011 e il 2017 a radioterapia con protoni (18 pazienti) o con ioni carbonio (17 pazienti)[5]. In 17 casi, i pazienti avevano affrontato in precedenza una resezione chirurgica. Il follow up mediano è di 34 mesi e il controllo locale di malattia a 1 anno è del 100%, a 3 anni del 96% e si mantiene invariato a 5 anni. È stato registrato un unico caso di progressione locale di malattia dopo 2 anni dalla fine del trattamento. Per quanto riguarda i dati di sopravvivenza, la OS a 1 anno è del 97%, mentre a 3 e a 5 anni è del 93%. Tossicità tardive di grado 3 correlate alla radioterapia sono state rilevate solo in 2 casi, mentre non sono stati registrati eventi avversi di grado maggiore. L’esperienza del CNAO nel trattamento con protoni dei tumori cervico-cefalici abbraccia anche i meningiomi intracranici, soprattutto nei casi in cui la resezione chirurgica non è fattibile. Presso il centro è stato condotto uno studio su 79 pazienti, in prevalenza donne e con età mediana di 57 anni, trattati con protonterapia tra il 2012 e il 2017 [6]. Nel 56% dei casi la protonterapia è stata impiegata come primo trattamento, nel restante 44% come terapia alla ripresa di malattia dopo l’intervento chirurgico. Il follow up mediano è di 17 mesi e il tasso di controllo locale di malattia del 99%. È stato osservato un unico caso di paziente con meningioma atipico che ha avuto una ripresa locale di malattia dopo 22 mesi dalla fine del trattamento. La tossicità acuta e tardiva è risultata estremamente contenuta e non sono stati registrati eventi avversi di grado elevato correlati alla terapia. Per quanto riguarda la CIRT, sono stati presentati i risultati preliminari di uno studio condotto su 24 pazienti (età mediana: 47 anni) con adenoma pleomorfo ricorrente, trattati con ioni carbonio al CNAO tra il 2012 e il 2017 [7]. I pazienti erano stati sottoposti in precedenza a un numero mediano di interventi chirurgici pari a 3 e l’intervallo tra l’ultimo e il trattamento con CIRT era di circa 17 mesi. Il follow up mediano è di 23 mesi e si osserva un ottimo controllo locale di malattia nei pazienti trattati con CIRT per questa patologia: al primo follow up 22 pazienti presentavano malattia stabile e 2 avevano una risposta parziale; all’ultimo follow up il controllo locale risultava mantenuto in tutti i pazienti. È stato rilevato un unico caso di recidiva al di fuori dell’area irradiata, comparsa dopo oltre 4 anni dal trattamento. Il profilo di tossicità è risultato buono: non sono stati riscontrati eventi avversi acuti o tardivi di grado 3 o superiore. Infine, la CIRT è stata impiegata per la reirradiazione di tumori ricorrenti delle ghiandole salivari. Lo studio condotto al CNAO ha coinvolto, tra il 2013 e il 2016, 51 pazienti con questa patologia, trattati con ioni carbonio [8]. L’età mediana dei pazienti era di 60 anni, e nella maggior parte dei casi il tumore era un carcinoma adenoideo-cistico. Il follow up mediano è di 23 mesi. All’ultimo controllo, il 58,8% dei pazienti mostrava una progressione di malattia, mentre il 41,2% risulta stabile. La OS stimata a 1 anno è del 90,2%, a 2 anni del 69,1% e a 3 anni del 54,5%; i corrispondenti valori stimati per la PFS sono 80% (a 1 anno), 65,1% (a 2 anni) e 43,5% (a 3 anni). Tossicità acute di grado 3 sono state rilevate in 2 pazienti, mentre gli effetti avversi tardivi di grado 3 hanno riguardato 9 pazienti. La CIRT risulta dunque una tecnica sicura per la reirradiazione di tumori ricorrenti delle ghiandole salivari. Protoni e ioni carbonio per i tumori ginecologici: dati preliminari Un altro campo di ricerca importante al CNAO riguarda le possibili applicazioni dell’adroterapia per il trattamento dei tumori ginecologici. In occasione di ESTRO sono stati presentati alcuni risultati preliminari relativi a due studi in questo ambito. Nel primo viene descritta l’esperienza iniziale del CNAO nel trattamento con CIRT dei melanomi mucosi maligni del tratto genitale inferiore [9]. Nello studio sono state coinvolte 9 pazienti con età mediana di 65 anni, 7 delle quali con melanoma mucoso vaginale, che sono state trattate con ioni carbonio tra il 2016 e il 2018. Per le pazienti con follow up di almeno 3 mesi, la durata del controllo locale di malattia varia tra 3 e 13 mesi e la OS mediana è di 8,9 mesi. Si tratta comunque di risultati molto preliminari, per quanto incoraggianti: l’analisi dei dati per le ultime pazienti arruolate è tuttora in corso e, in ogni caso, sono necessarie evidenze provenienti da popolazioni più numerose e con follow up più lunghi. Per quanto riguarda le tossicità, il trattamento è stato ben tollerato e nessuna delle pazienti lo ha interrotto: è stato registrato un unico caso di eritema di grado 3 e 4 casi di vaginite di grado 1. L’altro studio riguarda l’esperienza iniziale di CNAO nel campo della reirradiazione con adroni delle recidive pelviche di tumori ginecologici; si tratta, anche in questo caso, di risultati preliminari, in quanto l’arruolamento delle pazienti è ancora in corso [10]. Lo studio ha finora riguardato 9 pazienti di età media 56 anni, con recidiva tumorale all’interno o ai confini dell’area irradiata nei trattamenti precedenti. In 5 casi si trattava di recidiva di un tumore della cervice, in 3 casi dell’endometrio e in 1 caso dell’ovaio. Due pazienti sono state trattate con protonterapia, le altre con CIRT. Per le pazienti con follow up di almeno 3 mesi, la durata mediana di controllo locale di malattia è di 7 mesi, così come la OS mediana. Tutte le pazienti hanno completato il trattamento previsto e non sono state registrate tossicità acute e a lungo termine di grado superiore a 2. CIRT per la reirradiazione delle recidive del tumore rettale Infine, uno studio ha indagato la fattibilità e il profilo di tossicità della reirradiazione con ioni carbonio di recidive locali di tumore rettale in pazienti che avevano già ricevuto un trattamento radiante precedente nella stessa sede [11]. Nell’ambito dello studio sono stati trattati con CIRT, tra il 2014 e il 2017, 10 pazienti con età mediana di 58,5 anni e con recidiva locale di tumore del retto. Il follow up mediano è di 20 mesi e la sopravvivenza libera da malattia stimata a 1 anno è del 79%. In 4 casi è stata osservata una progressione locale di malattia, dopo un periodo mediano di circa 13 mesi dalla CIRT. Dal punto di vista delle tossicità, la terapia risulta sicura: non sono stati registrati eventi avversi acuti o tardivi di grado 3 o superiore o casi di infezioni non pelviche. Sono però necessari dati più consistenti e follow up più lunghi per valutare l’efficacia della CIRT in termini di controllo locale e la sua sicurezza a lungo termine. Reference Radiotherapy and Oncology, Volume 133, Supplement 1, April 2019 1. Bonora M, Vischioni B, Caivano D, et al. Adenoid cystic carcinoma of the head and neck treated with carbon ion radiotherapy at CNAO according to phase II clinical study (CNAO S9/2012/C): preliminary results. 2. D’Ippolito E, Vischioni B, Vitolo V, et al. Proton therapy boost in locally advanced head and neck cancer: toxicity and clinical outcome. 3. Alterio D, D’Ippolito E, Vischioni B, et al. Acute toxicity in locally advanced nasopharyngeal cancer treated with IMRT followed by proton therapy boost. 4. Iannalfi A, D’Ippolito E, Vitolo V, et al. Skull-base chordoma treated with proton and carbon ion radiotherapy: CNAO clinical experience. 5. D’Ippolito E, Iannalfi A, Vischioni B, et al. Local control rate in patients with skull-base chondrosarcoma after particle therapy at CNAO. 6. D’Ippolito E, Iannalfi A, Bonora M, et al. Active spot-scanning proton therapy for intracranial meningiomas: CNAO experience. 7. Ronchi S, Vischioni B, Vitolo V, et al. Carbon ion radiotherapy for recurrent pleomorphic adenoma at CNAO: preliminary results. 8. Vischioni B, Dhanireddy B, Severo C, et al. Reirradiation of salivary gland tumors with carbon ion radiotherapy (CIRT) at CNAO. 9. Barcellini A, Vitolo V, Fiore MR, et al. Feasibility of carbon ion radiotherapy for the melanoma of the lower genital tract 10. Barcellini A, Vitolo V, Lazzari R, et al. Particle radiotherapy for re-irradiation of pelvic recurrences of gynecological cancer: preliminary results. 11. Valvo F, Barcellini A, Vitolo V, et al. Clinical impact of re-irradiation with carbon ion radiotherapy for locally recurrent rectal cancer
Tumore del polmone: come limitare la dose sul cuore Tumore del polmone: come limitare la dose sul cuore La terapia di riferimento per il tumore del polmone non a piccole cellule, la forma più diffusa di questa patologia oncologica, è la chemioradioterapia, che può comportare tossicità importanti a carico del polmone e rischi legati all’irradiazione del cuor Per il tumore del polmone non a piccole cellule localmente avanzato, la radioterapia rappresenta, con la concomitante chemioterapia, il trattamento indicato per i pazienti non operabili. In termini di efficacia terapeutica, i dati al momento disponibili indicano una sopravvivenza mediana di circa 28 mesi. Tuttavia, la radioterapia per questa patologia presenta notevoli difficoltà. L’irradiazione del torace, infatti, è associata a un aumento del rischio di sviluppare tossicità acute e croniche, principalmente a carico del polmone, la più significativa delle quali è la polmonite da radiazioni, che ha conseguenze importanti sulla sopravvivenza e sulla qualità di vita dei pazienti. Inoltre, bisogna considerare che il polmone non è l’unico organo a rischio quando viene irradiato il torace, in quanto anche il cuore riceve dosi significative di radiazioni e questo può avere ricadute in termini di sopravvivenza. Per approfondire alcune evidenze sull’impiego dell’adroterapia nel trattamento del tumore del polmone si veda la news dedicata (https://fondazionecnao.it/area-medici/it/news/item/53-situazione-e-prospettive-dell-adroterapia-per-il-tumore-del-polmone). Tecnologie avanzate per la radioterapia sul polmone L’obiettivo della radioterapia per il tumore del polmone è rilasciare alte dosi di radiazioni sul tumore risparmiando il più possibile i tessuti sani circostanti, per massimizzare l’efficacia terapeutica e ridurre il rischio di tossicità indotte da radiazioni che si andrebbero a sommare a quelle correlate alla chemioterapia. Le recenti tecnologie consentono di ottenere una migliore concentrazione spaziale della dose irradiata: i risultati più significativi dal punto di vista dosimetrico si ottengono con la protonterapia e con la radioterapia a intensità modulata con fotoni (IMRT, intensity-modulated radiotherapy). Per quanto riguarda in particolare la polmonite da radiazioni, gli studi indicano che il rischio di sviluppare questo effetto avverso è correlato alla dose ricevuta da un determinato volume di tessuto polmonare e che la dose media di radiazione sul polmone è un fattore predittivo per la polmonite. L’impiego della protonterapia e della IMRT consente di limitare l’incidenza di polmonite proprio perché queste tecniche riducono sia la dose di radiazione sia il volume di tessuto polmonare esposto. Protoni e fotoni per ridurre le tossicità da radiazioni Un trial randomizzato ha valutato la protonterapia a scanning passivo e la IMRT, entrambe associate a chemioterapia, in 149 pazienti con tumore del polmone non a piccole cellule localmente avanzato e non operabile [1]. L’obiettivo era valutare il volume di tessuto esposto a diverse dosi di radiazioni con le due tecniche e le eventuali ricadute in termini di incidenza di polmonite da radiazione e di fallimento locale della terapia. I pazienti venivano assegnati in modo casuale a uno dei due bracci di trattamento solo se erano indicati per entrambi i piani terapeutici a una determinata dose. Se il paziente invece non era indicato per entrambi i piani alla dosa prevista era randomizzato alla dose più bassa. Nei casi in cui non fosse somministrabile neanche la dose più bassa era trattato con la dose più alta accettabile per le sue condizioni Sono stati trattati con IMRT 92 pazienti, con protonterapia 57. Tutti avevano un tumore in stadio da II a IIIB; erano inclusi pazienti con malattia in stadio IV solo se con singola metastasi cerebrale e pazienti con recidiva dopo la chirurgia, se eleggibili alla chemioradioterapia. I risultati indicano che entrambe le tecniche sono associate a un rischio ridotto di sviluppo di polmonite da radiazioni: gli eventi avversi di grado almeno 3 sono stati in tutto 12, 6 in ogni gruppo di trattamento. Analogamente, la percentuale di fallimento locale di terapia è risultata inferiore a quanto previsto, indipendentemente dalla tecnica utilizzata (circa 10% in entrambi i gruppi). Gli autori osservano che gli outcome sono migliorati nel corso dello studio in entrambi i bracci, ma questo miglioramento è risultato più importante e statisticamente significativo nel gruppo trattato con protonterapia. Per quanto riguarda l’esposizione del polmone alle radiazioni, è emerso che la protonterapia espone una porzione minore di tessuto a dosi basse, ma questo non si ripete per le dosi alte. Secondo gli autori, questo è probabilmente dovuto al fatto che per la protonterapia sono stati utilizzati margini di sicurezza relativamente troppo estesi; inoltre sono stati applicati vincoli di dose-volume derivati dalla radioterapia con fotoni, che presumibilmente non si adattano in modo ottimale al modello di distribuzione della dose dei protoni, che è significativamente diverso. Al contrario, è emerso che il tessuto cardiaco è esposto in quantità significativamente ridotta alle radiazioni nel caso della terapia con protoni rispetto a quella con fotoni. Se questo dato si traducesse in termini clinici in una minore incidenza di tossicità cardiache, le implicazioni cliniche sarebbero importanti, in quanto gli effetti avversi cardiaci hanno ricadute in termini di sopravvivenza. Alcune indicazioni in questo senso potrebbero venire da un trial clinico attualmente in corso (RTOG 1308), che ha l’obiettivo di confrontare la radioterapia con protoni e con fotoni (in entrambi i casi associata a chemioterapia) per il tumore del polmone non a piccole cellule in termini di efficacia e di tossicità cardiaca. Un altro studio randomizzato ha indagato la distribuzione spaziale della dose irradiata con la protonterapia a scanning passivo e con la IMRT e la sua associazione con lo sviluppo di polmonite da radiazioni [2]. Sono stati coinvolti 178 pazienti con tumore del polmone non a piccole cellule localmente avanzato, assegnati in modo randomizzato a uno dei due trattamenti radianti. I pazienti di entrambi i gruppi hanno ricevuto una chemioterapia concomitante. Anche in questo caso non sono emerse differenze significative nell’incidenza di polmonite di ogni grado tra i due gruppi e, globalmente, questo importante evento avverso, nella sua forma sintomatica, ha riguardato il 22% dei pazienti. L’analisi della distribuzione spaziale della dose rilasciata ha indicato significative differenze tra i pazienti che hanno sviluppato la polmonite e quelli che non hanno mostrato tossicità nella parte inferiore del polmone e nel cuore, a conferma dell’importanza di limitare la dose irradiata a questo organo e il volume esposto all’irradiazione. Inoltre, non vi è sovrapposizione tra le aree risparmiate dalla protonterapia e quelle correlate con lo sviluppo di polmonite. Secondo gli autori, queste informazioni possono essere importanti nella clinica per guidare la terapia e per disegnare in modo adeguato i futuri trial, con l’obiettivo di limitare al massimo le tossicità indotte dalle radiazioni. Reference 1. Liao Z, Lee JJ, Komaki R, et al. Bayesian adaptive randomization trial of passive scattering proton therapy and intensity-modulated photon radiotherapy for locally advanced non–small-cell lung cancer. J Clin Oncol. 2018;36(18):1813-22. 2. Palma G, Monti S, Xu T, et al. Spatial dose patterns associated with radiation pneumonitis in a randomized trial comparing intensity-modulated photon therapy with passive scattering proton therapy for locally advanced non-small cell lung cancer. Int J Radiat Oncol Biol Phys. 2019 Feb 26.
 Crescono le evidenze a sostegno degli ioni carbonio per le recidive linfonodali Crescono le evidenze a sostegno degli ioni carbonio per le recidive linfonodali I dati di alcuni studi recenti indicano un possibile ruolo importante della radioterapia con ioni carbonio nel panorama delle opzioni terapeutiche disponibili per il trattamento delle recidive tumorali localizzate in sede linfonodale nei pazienti oligomet La possibilità di impiego della radioterapia con ioni carbonio (CIRT, carbon-ion radiotherapy) per il trattamento di recidive in sede linfonodale di tumori radioresistenti in pazienti oligometastatici è stata valutata in alcuni studi, in considerazione delle caratteristiche fisiche e biologiche di queste particelle. Gli ioni carbonio, infatti, permettono una migliore distribuzione della dose rispetto alla radioterapia con fotoni e hanno una efficacia biologica relativa superiore a quella dei protoni, con conseguente aumento della probabilità di ottenere un controllo di malattia soddisfacente e una concomitante riduzione della dose irradiata ai tessuti sani circostanti. Le indicazioni finora disponibili riguardo l’efficacia della CIRT in questo ambito terapeutico sono incoraggianti, ma i dati provengono da studi condotti in singoli centri, su un numero limitato di pazienti e solo su alcuni tumori. CIRT alla prova sulle recidive localizzate ai linfonodi Uno studio retrospettivo multicentrico condotto in Giappone dai ricercatori del Japan Carbon‐Ion Radiation Oncology Study Group (J‐CROS) ha cercato di ottenere un quadro più completo relativamente all’efficacia della CIRT nel trattamento delle recidive linfonodali nei pazienti oligometastatici [1]. Sono stati analizzati i dati di 323 pazienti, trattati con ioni carbonio in 4 centri giapponesi tra il 1996 e il 2015. Sono stati inclusi i pazienti con una diagnosi di recidiva linfonodale basata sulla clinica o sulla conferma istologica, con un tumore primario controllato, con recidiva limitata ai soli linfonodi e in un unico sito. L’età mediana dei partecipanti era di 66 anni e nella maggior parte dei casi (67%) la recidiva coinvolgeva un solo linfonodo. Per quanto riguarda l’istologia, nell’80% circa dei casi il carcinoma era non squamocellulare. Le sedi principali del tumore primario erano il polmone nel 31% circa dei casi, il tratto gastrointestinale inferiore (colon e retto) nel 24% e l’utero nel 12%. L’intervallo mediano tra il trattamento del tumore primario e l’individuazione della recidiva era di 16 mesi. Per i pazienti ancora in vita, il follow up mediano è stato di 34 mesi. I risultati a 2 anni indicano un tasso di controllo locale di malattia del 85%, una sopravvivenza (OS, overall survival) del 63% e una sopravvivenza libera da progressione (PFS, progression-free survival) del 33%. Un numero limitato (minore o uguale a 3) e un diametro ridotto (inferiore a 30 mm) delle metastasi linfonodonali sono risultati fattori associati a una OS significativamente migliore, così come un intervallo lungo (di almeno 16 mesi) tra il trattamento primario e la ripresa di malattia. Invece, nessuno dei fattori considerati è risultato associato a un migliore controllo locale di malattia. Tutti i pazienti inclusi nell’analisi hanno completato il ciclo previsto di radioterapia con ioni carbonio, a eccezione di 1 che lo ha interrotto a causa di una esofagite di grado 2 poi risolta. Tossicità tardive di grado 2 o superiore sono state registrate nel 5% circa dei pazienti e solo in uno di questi l’evento avverso era di grado 3. La CIRT risulta dunque efficace e sicura per il trattamento delle recidive linfonodali nei pazienti oligometastatici. Un ventaglio di prospettive L’impiego della CIRT nel trattamento delle recidive linfonodali nei pazienti oligometastatici è stato valutato anche in alcuni ambiti specifici. Un piccolo studio retrospettivo giapponese ha analizzato i dati di 10 pazienti che avevano sviluppato una recidiva isolata in sede linfonodale dopo una resezione chirurgica curativa per tumore dell’esofago [2]. Questa patologia oncologica è molto aggressiva e la terapia di riferimento è la chirurgia, quando applicabile, alla quale sono però associate una scarsa sopravvivenza e un’alta probabilità di recidive. I ricercatori giapponesi hanno quindi valutato l’efficacia e la safety della CIRT in pazienti che, dopo l’intervento con obiettivo curativo, avevano avuto una recidiva isolata ai linfonodi. L’età mediana dei pazienti era di 65 anni, mentre l’intervallo trascorso tra la resezione e l’evidenza di ripresa di malattia variava tra 9 e 84 mesi circa. Il follow up mediano è di 27 mesi in tutti i pazienti e di 36 mesi nei sopravvissuti. I risultati indicano un controllo locale di malattia del 92,4% a 2 anni, che si mantiene anche a 3 e a 5 anni. Per quanto riguarda la OS, la percentuale a 2 anni è 70%, a 3 anni 58,3% e a 5 anni 21,9%, mentre la durata mediana della sopravvivenza è di 45,3 mesi dal trattamento con ioni carbonio. Dal punto di vista della safety, non si rilevano tossicità acute o tardive di grado uguale o superiore a 2 e tutti i pazienti hanno portato a termine il ciclo di trattamento previsto. Un altro studio retrospettivo, condotto sempre in Giappone, ha valutato gli outcome clinici della reirradiazione con ioni carbonio di recidive localizzate ai linfonodi di tumori ginecologici [3]. Per questo tipo di tumore, infatti, la radioterapia curativa è spesso associata a recidive, non sempre trattabili con la resezione chirurgica: in questi casi, un nuovo trattamento radiante può rappresentare un’opzione terapeutica. I ricercatori hanno quindi analizzato i dati di 16 pazienti con recidiva linfonodale non resecabile, trattate con CIRT tra il 2008 e il 2016. L’età mediana delle pazienti incluse era di 57 anni. Il follow up mediano è di 37 mesi. A 3 anni il tasso di controllo locale di malattia è del 94%, mentre la OS è del 74% e la sopravvivenza libera da malattia del 55%. La terapia risulta sicura: non sono state registrate tossicità acute e tutte le pazienti hanno completato il trattamento; per quanto riguarda le tossicità tardive, è stato rilevato un solo caso di edema della gamba di grado 2 e nessun evento avverso di grado più elevato. Reference 1. Okonogi N, Kaminuma T, Okimoto T, et al. Carbon-ion radiotherapy for lymph node oligo-recurrence: a multi-institutional study by the Japan Carbon-Ion Radiation Oncology Study Group (J-CROS). Int J Clin Oncol. 2019 Apr 9. 2. Isozaki Y, Yasuda S, Akutsu Y, et al. Salvage carbon-ion radiotherapy for isolated lymph node recurrence following curative resection of esophageal cancer. Anticancer Res. 2018;38(11):6453-8. 3. Shiba S, Okonogi N, Kato S, et al. Clinical Impact of re-irradiation with carbon-ion radiotherapy for lymph node recurrence of gynecological cancers. Anticancer Res. 2017;37(10):5577-83
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