"Guidare" i fasci di particelle contro il cancro
"Guidare" i fasci di particelle contro il cancro
Dr. Mario Ciocca - Responsabile Unità di fisica medica

È vero che con i fasci di particelle utilizzati oggi contro il cancro si potrà curare anche il cuore?
In linea di principio, tra le indicazioni dell’adroterapia, in particolare con i fasci di ioni carbonio di alta energia impiegati per esempio al CNAO, si possono includere neoplasie a carico del muscolo cardiaco o addirittura applicazioni extra-oncologiche, come l’eliminazione delle aritmie cardiache.
Come però mostrato in recenti studi condotti su di un maiale presso il centro di ricerca nucleare GSI di Darmstadt in Germania, dal punto di vista tecnologico l’ostacolo maggiore nei trattamenti cardiaci o para-cardiaci è rappresentato dalla necessità di gestire in maniera appropriata sia il movimento d’organo legato al respiro del paziente (oggi di per sé fattibile in sicurezza e già in uso clinico anche al CNAO nei trattamenti addominali), sia quello relativo al battito cardiaco, su cui invece vi è ancora molto da lavorare.
Al CNAO, per esempio, abbiamo trattato con ioni carbonio qualche caso di tumore radioresistente alla radioterapia convenzionale (fotoni) e a carico del cuore, ma previo accertamento radiologico del fatto che il battito cardiaco non influisse in maniera significativa sulla localizzazione del volume tumorale e sulle caratteristiche dell’area ad esso adiacente, attraversata dai fasci di radiazioni.
In sintesi, dunque, le neoplasie e alcuni tipi di disfunzioni cardiache extra-oncologiche potranno in futuro beneficiare di trattamenti non invasivi con fasci di particelle cariche pesanti di alta energia, ma la complessità della gestione del battito cardiaco ne fa una metodica non ancora matura per l’impiego clinico, salvo casi molto specifici e favorevoli.
Oltre a protoni e ioni carbonio, saranno utilizzate in futuro altre particelle e altri materiali?
La radioterapia con particelle cariche pesanti rappresenta ormai un’opzione consolidata a livello mondiale per il trattamento di specifici tipi di neoplasie, in particolari quelle radioresistenti ai trattamenti convenzionali (cioè con fotoni) e i tumori solidi pediatrici. Allo stato attuale, protoni e ioni carbonio di alta energia costituiscono le particelle usate nell’adroterapia moderna.
D’altra parte, la messa in esercizio di centri di tipo ospedaliero (tipo HIT; CNAO, MedAustron) dotati di sincrotroni con sistemi attivi di distribuzione della dose e in grado di accelerare ioni di vario tipo, dai protoni all’ossigeno, riapre interessanti prospettive terapeutiche. In particolare, l’impiego clinico di fasci di ioni elio veloci, le cui esperienze pionieristiche risalgono agli anni ’80 negli USA (Lawrence Berkeley Laboratory), sembra particolarmente favorevole e meritevole di essere studiato, soprattutto in situazioni critiche come i tumori pediatrici (Kramer M et al, Medical Physics, vol. 43, 2016).
Gli ioni elio, infatti, potranno colmare il gap tra protoni e ioni carbonio, dal punto di vista sia fisico che radiobiologico, grazie alle loro proprietà intermedie. In termini di interazione con i tessuti, l’elio soffre meno del carbonio del fenomeno di frammentazione nucleare a fine range, così pure come dei processi di diffusione laterale (scattering) tipici invece dei fasci di protoni.
Inoltre, la loro efficacia biologica relativa, cioè la capacità di indurre danni ai tessuti biologici (in particolare al DNA delle cellule tumorali) è appunto intermedia tra quella delle altre due particelle sinora largamente impiegate in ambito clinico. Esperimenti in vitro (cioè su colture cellulari) con ioni elio di alta energia, in corso presso il centro di Heidelberg (HIT), stanno fornendo risultati incoraggianti; una volta ottenute le necessarie autorizzazioni ministeriali, anche al CNAO si prevede nei prossimi anni di intraprendere la strada della sperimentazione, prima fisica e radiobiologica, poi clinica, di questa specie ionica.
A che velocità vanno le particelle nell’acceleratore? Come riuscite a guidarle contro il tumore con precisione?
I protoni e ioni carbonio arrivano a velocità altissime, vicino alla velocità della luce (230.000 Km al secondo per l’energia massima che si riesce a raggiungere).
Le dimensioni del fascio vengono regolate grazie a dei magneti che si chiamano ‘quadrupoli’.
In questo modo i fisici dell’acceleratore riescono a garantire un controllo della dimensione del fascio durante il trattamento del tumore. Per riuscire a indirizzare le particelle nel punto giusto vengono invece utilizzati i dipoli e i correttori. Dei correttori chiamati ‘magneti speciali’, comunicano direttamente con il Dose Delivery (il sistema di scansione attivo del CNAO).
I magneti speciali sono installati a poca distanza dal paziente e sono in grado di spennellare le fette tumorali molto velocemente: in questo modo si ottiene un controllo ottimale del rilascio di dose in ogni singola fetta del tumore.